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Fantozzi «fa» 50 anni in attesa dei nostri 92 minuti d'applauso

È passato mezzo secolo dalla prima apparizione cinematografica del personaggio creato da Paolo Villaggio. Un uomo che dimostra ancora oggi un’incredibile attualità

Intere generazioni sono cresciute con quelle battute che fanno ormai parte di una memoria collettiva, dai boomer ai millennial. A cinquant’anni dalla sua prima apparizione cinematografica, Fantozzi dimostra ancora oggi un’incredibile attualità. Basti pensare alla realtà di alcuni uffici o posti di lavoro. Oggi non ci sono più televisori con il tubo catodico ma modernismi schermi ultrasottili, il cartellino è stato da tempo sostituito dal badge... ma le dinamiche, diciamocelo senza ipocrisie, restano drammaticamente le stesse. Paolo Villaggio, con il suo Fantozzi ragionier Ugo, matricola 7819/bis dell'ufficio sinistri, ha saputo dar vita a uno degli antieroi più emblematici della cultura italiana. Un successo indiscusso: ha saputo cogliere gli aspetti più veri dell'uomo contemporaneo, o meglio del dipendente servile e dell'uomo che fa i conti con la sua inettitudine. La sua è un'anti-celebrazione del lavoratore sottomesso al suo datore e perennemente in balìa di eventi beffardi. Un successo che è si mosso sul piano editoriale e cinematografico. Una rivoluzione, o forse meglio, una straordinaria epifania che culmina con la trasfigurazione dell'homo fantozziano.

L’italiano “medio”

Fantozzi è stato un eroe, seppur al contrario. La sua incapacità di ribaltare la propria condizione di sudditanza e, ancor di più i tentativi di farlo, hanno finito per scavare nelle coscienze di molti italiani. Attraverso lo sguardo di un perdente, il pubblico ha riconosciuto anche le proprie verità, le piccole e grandi viltà del vivere quotidiano. Uno humour esilarante e che, per certi versi dissacra con violenza. Ma soprattutto è un humour amaro. Fantozzi, infatti, ci spoglia delle ipocrisie, ci toglie di dosso una maschera per mettere in luce il nostro ridicolo modo di relazionarci alle gerarchie aziendali, ai condizionamenti sociali. Aspetti che si declinano al servilismo verso i potenti. Ma non solo. Fantozzi deve far fronte a quel flusso di umiliazioni di colleghi arrivisti, di consuetudini di un mondo del lavoro spietato e di una condizione familiare che subisce.

Il congiuntivo

La sintassi sgrammaticata e i congiuntivi sono frutto di un ascolto attento. Un campionario di modi dire che ha valicato i libri, lo schermo e per approdare e ri-radicarsi nella realtà. Al punto da essere oggetto di studio anche quella famigerata sindrome Fantozziana da congiuntivo.

  • Filini: Allora, ragioniere, che fa? Batti?
  • Fantozzi: Ma... mi dà del tu?
  • Filini: No, no! Dicevo: batti lei?
  • Fantozzi: Ah, congiuntivo!
  • Filini: Sì!

Un successo tra letteratura e cinema

La storia editoriale di Fantozzi anticipa quella cinematografica. Villaggio, inizialmente, raccolse i racconti di questo impiegato dalle infinite disavventure in articoli pubblicati su riviste e in seguito in libri che riscossero ampi consensi. Il salto sul grande schermo fu allora un passo inevitabile. Il successo cinematografico inaugurò una saga destinata a durare decenni.

L'esame di coscienza

Ogni episodio, ogni vicenda narrata non è altro che uno specchio posto davanti alla nostra coscienza. La partita di tennis con il collega, quella di calcio tra scapoli e ammogliati. E ancora il campeggio, il cenone nel seminterrato con il maestro Canello. I risvolti assurdi dei cosiddetti “hobby” dei capi in azienda. I lavori affidati all'ultimo minuto. Fantozzi è il riflesso di una condizione comune che in quei pochi ma eroici attimi di ribellione prova a ridare un senso di riscatto alle nostre vite. Ma l'epilogo resta sempre lo stesso. E così non ci resta che sognare anche per noi quei 92 minuti d'applauso... che probabilmente non riceveremo mai.

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