Temeva la stangata, è arrivata l’assoluzione. Nessuna squalifica per Francesco Acerbi, per il giudice sportivo non ci sono prove che il giocatore dell’Inter lo scorso 17 marzo, durante il match con il Napoli, abbia insultato con frasi razziste il difensore avversario, Juan Jesus. Si chiude così il caso, con una decisione - quella del magistrato sportivo Gerardo Mastrandrea - che non è appellabile. Dunque il brasiliano del Napoli che aveva parlato di frasi discriminatorie nei suoi confronti non potrà fare ricorso, e sul fronte della giustizia sportiva la vicenda è un capitolo chiuso. Per il giudice romano, che nel 2016 sostituì Tosel, «non si raggiunge nella fattispecie il livello minimo di ragionevole certezza circa il contenuto sicuramente discriminatorio dell’offesa recata», così come lo ha «percepito» il difensore brasiliano. Nel motivare la sentenza Mastrandrea spiega che l’insulto razzista non è stato sentito da nessuno in campo, a parte Juan Jesus, e che non ci sono immagini che possano provarlo. Non viene negata la buona fede del giocatore del Napoli che da subito aveva detto essere stato insultato, ma non ci sono strumenti sufficienti per squalificare, o comunque sanzionare Acerbi. Dopo la partita Juan Jesus aveva cercato di non enfatizzare l’accaduto, dicendo che il nerazzurro comunque gli aveva chiesto scusa. Il giorno dopo però Acerbi, investito del caso e costretto per questo a lasciare il ritiro della Nazionale di Spalletti, aveva negato di aver detto frasi razziste e che era stato mal compreso. Un dietrofront che aveva spinto il brasiliano a una contro-replica: «Mi ha detto ‘vai via nero, sei solo un negrò. In seguito alla mia protesta con l’arbitro ha ammesso di aver sbagliato e mi ha chiesto scusa aggiungendo poi anche: ‘Per me negro è un insulto come un altrò». Acerbi dal canto suo si era giustificato sostenendo di aver detto ‘ti faccio nerò, tesi sostenuta nella sua difesa anche di fronte ai magistrati sportivi. Il giudice sui fatti aveva chiesto che facesse luce la Procura federale: e così Giuseppe Chinè nei giorni scorsi ha ascoltato i due giocatori (che hanno confermato le loro versioni) e inviato la relazione con il supplemento di indagini al giudice che atti alla mano non ha sanzionato Acerbi. Nei fatti - secondo quanto si legge nelle motivazioni - la prova dell’offesa c’è «ma rimanendo il contenuto gravemente discriminatorio confinato alle parole del soggetto offeso, senza alcun ulteriore supporto probatorio e indiziario esterno, diretto e indiretto, anche di tipo testimoniale» non c’è quella certezza ragionevole che ci si trovi di fronte a un atto discriminatorio con l’aggravante della razza da poter comminare una sanzione. Che sarebbe stata pure pesante (da regolamento dieci giornate di stop, una decisione che avrebbe messo a rischio partecipazione all’Europeo e carriera nerazzurra del difensore). L’interista ha pagato solo con l’esclusione dalla trasferta azzurra negli Usa: una decisione per lasciare l’ambiente sereno, ma sull’episodio lo stesso ct Luciano Spalletti era stato clemente. «Da quello che mi ha detto non si tratta di razzismo, serve comunque fare attenzione» le parole del tecnico della Nazionale prima della partenza per Miami. L’assoluzione ora fa brindare in casa Acerbi (la prima è la moglie Claudia Scarpari che sui social scrive: «Cin cin. A chi insulta i familiari. A chi minaccia la vita dei figli. Ai leoni da tastiera. Ora sciacquatevi la bocca»). Ma in molti invece gridano «vergogna» e corre l’hashtag #Marottaleague. Quanto a Juan Jesus dopo la sentenza ha cambiato la foto del profilo Instagram, mettendo un pugno chiuso in alto: immagine più eloquente di tante parole e che rimanda ai movimenti contro il razzismo del Black Power, di Tommie Smith e John Carlos sul podio dei Giochi di Messico 1968 con il pugno chiuso. E ripreso anche, negli anni recenti, dalle manifestazioni del Black Lives Matter. Decisamente dura la reazione del Napoli che risponde con l’hastag #iostoconjj: ‘Basiti, non aderiremo più a iniziative di mera facciata delle istituzioni calcistiche contro il razzismo». Il brasiliano «non può ragionevolmente aver capito male» e se è stata accertata la prova dell’offesa doveva comunque, secondo il club, arrivare una sanzione.