L’onda razzista continua a scorrere nelle vene del calcio italiano e troppo spesso risale in superficie. Il caso Maignan ha già fatto il giro del mondo e scosso di nuovo le coscienze, col portiere milanista che invoca a gran voce giustizia, ma è la punta di un iceberg fatto di mille episodi che si ripetono in stadi e campetti, che umiliano ragazzini e ragazzine, campioni e campionesse. L’evento clamoroso, la sospensione di una partita di Udinese-Milan di serie A dopo la ribellione della vittima delle offese, ha riacceso l’attenzione, portando solidarietà e condanne unanimi. Si aspettano provvedimenti duri, che potrebbero già arrivare in settimana, mentre si muovono la giustizia sportiva e la procura di Udine, anche per individuare i responsabili e circoscrivere le responsabilità.
Mike Maignan pretende una reazione incisiva e corale, perché «tutto il sistema deve assumersi le sue responsabilità» e perché «chi non fa nulla è complice», che sia seduto accanto a chi ulula o che venga meno proprio ruolo istituzionale. Un richiamo che non potrà essere ignorato, anche se purtroppo il copione non è affatto nuovo. In prima fila si trova ora il giudice sportivo, che deciderà le sanzioni basandosi sul referto dell’arbitro e sul rapporto degli ispettori della Procura, posto che ieri allo stadio sono state rispettate le procedure previste, tra annunci pubblici e sospensione della partita. Il giudice potrebbe decidere di sanzionale l’Udinese con una multa o con la chiusura di una sezione dello stadio per uno o più turni. La società friulana si è peraltro resa disponibile da subito a collaborare, oltre a scusarsi col portiere francese e la sua squadra, mentre il sindaco di Udine ha annunciato che proporrà la cittadinanza onoraria a Maignan.
Ma la scelta del giudice sportivo potrebbe anche essere quella di passare tutto alla Procura federale per un ampliamento dell’indagine, che potrebbe sfociare in provvedimenti più severi. Se intanto gli inquirenti dovessero individuare i responsabili, sarebbero questi a rispondere direttamente, tra daspo e sanzioni anche penali.
L’arbitro che ha diretto il match e ha sospeso la gara al 33’, Fabio Maresca parla all’Ansa di quanto avvenuto: «Mi sono comportato da fratello maggiore, ho provato sincero dispiacere per Maignan che era chiaramente colpito sul piano emotivo: che disagio ho provato per quei buu beceri». Quanto al regolamento «è chiaro, la linea dell’Aia e del designatore Rocchi non ammettono equivoci e io mi sono limitato a seguirli, come è mio dovere».
Intanto è compatto il muro di no, ribadito a livello politico e sportivo ai massimi livelli, dai ministri Andrea Abodi e Matteo Salvini, al presidente Figc, Gabriele Gravina. Il presidente della Fifa, Gianni Infantino, chiede la sconfitta a tavolino per le squadre e il divieto d’accesso allo stadio per i tifosi che lanciano «insulti abominevoli», ricordando anche i recenti casi che hanno visto nel mirino il brasiliano Vinicius Jr in Spagna e l’inglese Wes Foderingham in Premier League. Chi rappresenta i calciatori, l’Aic, è in prima fila nella condanna contro un fenomeno purtroppo sempre in crescita. «Gli insulti razzisti sono ormai quasi la metà di tutti quelli subiti dai calciatori in tutte le serie - afferma il presidente Assocalciatori, Umberto Calcagno - Tutto questo è mostruoso e inaccettabile ma il mondo del calcio non può da solo risolvere la questione».
A esprimere la propria vicinanza a Maignan sono stati tantissimi campioni e club, tra tutti il compagno di nazionale Kylian Mbappè, anche lui spesso vittima di abusi razzisti, tanto da aver addirittura pensato di lasciare la nazionale. Tra i più amareggiati, anche come friulano doc, è Dino Zoff, che ricorda come nel calcio le offese non sono mai mancate, «ma almeno erano per tutti». Maignan nonostante tutta guarda avanti con la fiducia di vincere la partita contro il razzismo.
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