Dopo le indiscrezioni di alcuni tra i potenziali acquirenti, ecco la conferma dell’attuale proprietario: il Chelsea è in vendita. L’ufficializzazione è arrivata dallo stesso Roman Abramovich, patron dei Blues dal 2003, da quando acquistò il club londinese per 150 milioni di euro. «E’ stata una decisione incredibilmente difficile, ma l’ho presa nell’interesse della società. Non sarà una cessione super veloce, ma necessiterà dei suoi tempi», si legge nel comunicato emesso dal magnate russo, che nel corso dei suoi (quasi) due decenni a Stamford Bridge ha cambiato il destino dei Blues, portati quest’anno sul tetto del mondo. Anche grazie alla montagna di denaro immesso nelle casse del club londinese: prestiti personali del valore di poco meno di due miliardi di euro, che Abramovich ha fatto sapere di non voler rivendicare. «Ho dato mandato al mio team di costituire un ente benefico al quale verranno devoluti tutti gli utili derivanti dalla cessione del club. La nuova fondazione sarà a favore di tutte le vittime della guerra in Ucraina».
La decisione è figlia della guerra in Ucraina
Perchè la decisione di Abramovich non può non essere ricondotta all’invasione russa in Ucraina, che ha innescato la reazione del Regno Unito, sotto forma anche di sanzioni economiche contro tutti gli oligarchi ritenuti vicini a regime putiniano. Per il momento Abramovich non è stato ancora raggiunto da simili ritorsioni, nonostante anche oggi durante il Question Times l’opposizione laburista abbia sollecitato il governo conservatore di Boris Johnson ad attivarsi. Anche perché, fin dal suo sbarco a Londra, Abramovich è stato tra i più in vista oligarchi di Mosca, ritenuto molto vicino allo stesso Vladimir Putin nonostante le ripetute smentite dell’interessato. All’indomani del primo sconfinamento dell’esercito russo, una settimana fa, non era passato inosservato un post su Instagram di sua figlia Sofia, che criticava apertamente lo zar del Cremlino, esprimendo solidarietà all’Ucraina.
La gestione affidata alla fondazione del club
Una presa di posizione non rilanciata, almeno pubblicamente, dal padre Roman, che però, qualche giorno fa, aveva partecipato ai negoziati di pace in Bielorussia su invito di Kiev. Nel frattempo, per placare le crescenti polemiche circa il suo ruolo a capo del Chelsea, Abramovich aveva annunciato l’intenzione di cedere la gestione ordinaria agli amministratori fiduciari dell’ente benefico legato allo stesso club. Un passo indietro coinciso con la smentita di un’imminente cessione. Che viceversa era stata ribadita ieri dal milionario svizzero Hansjorg Wyss. «Come tutti gli oligarchi russi, (Abramovich) è nel panico - le parole di Wyss, accreditato di un patrimonio personale di quasi cinque miliardi di euro -, sta cercando di vendere tutte le sue residenze in Inghilterra, e vuole anche liberarsi del Chelsea alla svelta. Io, come altre tre persone, abbiamo ricevuto un’offerta da Abramovich per acquistare il Chelsea. Al momento Abramovich sta chiedendo troppo, potrei immaginare di entrare nel Chelsea con altri partners, ma prima dovrei esaminare le condizioni generali». Anche perché - secondo la stampa britannica - il prezzo d’acquisto del Chelsea si aggirerebbe attorno ai tre miliardi di euro. Nell’ufficializzare la messa in vendita della società londinese, Abramovich non ha ovviamente confermato la valutazione del club, assicurando che per lui il Chelsea «non è mai stata una questione di affari o soldi, ma solo di pura passione per il calcio e la squadra».