Il 14 giugno del 1992, al termine della partita vinta contro la Lucchese, che non aveva evitato al Palermo la retrocessione in C-1, i calciatori rosanero uscirono dal campo della Favorita a capo chino. Solo uno dei protagonisti di quel pomeriggio, nonostante l’amaro epilogo, lasciò la Favorita tra gli applausi: l’allenatore Gianni Di Marzio. Che ricambiava, salutando la curva Sud prima di imboccare il sottopassaggio. Era questo Gianni Di Marzio, scomparso ieri a Padova a 82 anni (li aveva compiuti l’8 gennaio). Un uomo di calcio ma principalmente un uomo che sapeva regalare emozioni, come una maschera della Commedia dell’arte, in eterno conflitto tra il bene e il male. Del calcio Di Marzio ha conosciuto ogni aspetto, miserie e nobiltà, e proprio dopo quella retrocessione ci confidò che il Palermo s’era mosso tardi e male per evitare la «combine» tra due squadre (Piacenza e Taranto poi furono indagate), che costò appunto ai rosa il ritorno in C-1 per la peggiore classifica avulsa.
Quella contro la Lucchese fu l’ultima partita da allenatore di Di Marzio, che a soli 52 anni (era nato a Napoli) decise di chiudere con la panchina. Ventitré anni potevano bastare, dopo una breve carriera da calciatore interrotta per un infortunio. Dal 1969 al 1992 ha allenato in tutte le categorie, vincendo due volte il premio «Seminatore d’oro». Dall’Internapoli al Palermo passando per il Catanzaro che portò in Serie A nel 1976, per il Napoli (dal 1977 al 1979 e mai un napoletano aveva allenato gli azzurri), per il Cosenza che portò in B, per il Genoa e il Lecce nella serie cadetta e ovviamente per il Catania di Angelo Massimino, Cantarutti e Sorrentino, che condusse alla massima serie nel 1983 dopo gli spareggi di Roma contro Como e Cremonese.
Di Marzio e tutta la sua famiglia hanno amato molto Catania. Comprarono casa ai piedi dell’Etna e spesso vi tornavano per brevi periodi di vacanza. E quando dieci anni dopo il Palermo lo chiamò in B per sostituire Enzo Ferrari, Di Marzio riuscì a farsi apprezzare anche dal popolo rosanero nonostante i trascorsi catanesi. Col suo sorriso da istrione, con la sua dialettica ma anche perché quel Palermo in fondo in casa mantenne un ritmo da promozione battendo tutte le squadre più forti. Clamoroso il successo contro l’Udinese. Fu un disastro in trasferta.
Dopo Palermo, Di Marzio chiuse con la panchina, dedicandosi all’attività manageriale a tutto tondo. E nel calcio ha fatto davvero di tutto. Calciatore, allenatore, poi direttore sportivo, commentatore tv (aveva ancora una rubrica fissa su Radio Marte), giornalista (ha scritto a lungo sull’Unità), conosceva ogni aspetto di questo mondo, che ha trasmesso con l’affetto di padre a Gianluca, affermato volto televisivo di Sky e grande esperto di mercato.
Le cose migliori da dirigente Di Marzio (che da tanti anni viveva a Padova con la moglie Tucci) le ha fatte proprio con Maurizio Zamparini, che lo volle a dirigere il Venezia nel 1996. E da direttore sportivo del Venezia, Di Marzio andò in Serie A. Nel 1998 Di Marzio lasciò Zamparini, che nell’aprile del 2016 lo richiamò a Palermo come consigliere di mercato, o meglio per evitare una retrocessione ormai annunciata. Di Marzio tornò a Palermo, anche per riscuotere un vecchio credito di Venezia, ma nonostante i suoi consigli Zamparini non riuscì a evitare che la navicella rosanero andasse alla deriva.
Ma forse la vera grande qualità di Di Marzio (che nel 1973 scampò insieme alla moglie a un grave incidente stradale che lo sfigurò) è stata quella di «talent scout», ovvero il gusto di scoprire i campioni, di «annusare» la classe prima di tutti. È storia che nel 1977, quando allenava il Napoli, suggerì a Ferlaino di prendere il giovanissimo Diego Armando Maradona, che aveva notato durante un suo viaggio in Argentina. Ma a quei tempi in Italia non si potevano prendere calciatori stranieri e non se ne fece nulla. Maradona andò al Barcellona, ma Di Marzio restò sempre legato al «Pibe» e nel tweet con cui ieri ha annunciato la morte del padre, Gianluca Di Marzio scrive: «Adesso finalmente potrai allenarlo il tuo caro amato Diego…».
Il suo «fiuto» per i giovani campioni ha portato Di Marzio a collaborare con la Juventus per l’estero dal 2001 al 2006, poi col club inglese del Queen’s Park Rangers. Non è ancora storia documentata che Di Marzio abbia scoperto anche Cristiano Ronaldo, e per lui era un cruccio. Avrebbe voluto un pubblico riconoscimento (un po’ come per Maradona) per la segnalazione del 2003, quando disse alla Juve di prendere il giovane portoghese, prima che finisse per la prima volta al Manchester United. Ecco, l’epitaffio che Gianni, innamorato del calcio e in fondo anche di se stesso, avrebbe gradito sarebbe stato questo: «All’uomo che prima di tutti s’accorse del talento di Diego Maradona e di Cristiano Ronaldo».
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