Ogni partita è stata un’iniezione di fiducia, un passo avanti in un processo di maturazione accelerato. E dopo cinque vittorie di fila, dopo aver steso il Belgio numero uno al mondo, ora nel gruppo azzurro c'è una solida consapevolezza: questa Italia è forte davvero e all’altezza di giocarsi la finale di Euro 2020. L’ultimo ostacolo è la Spagna, la nazionale che per oltre un decennio è stato un modello ammirato ma difficilmente imitabile.
E questa volta gli azzurri lo stanno affrontando senza il timore riverenziale di chi rischia di prendere una lezione di calcio, come quella del 2017, sulla strada che portò lontano dal Mondiale. «Noi siamo l’Italia, speriamo di fare l’Italia», ha chiarito Roberto Mancini, che sulle ceneri di quel fallimento ha aperto un nuovo percorso. «Lo abbiamo iniziato e dobbiamo finirlo, ma da qui alla fine ci sono la Spagna e un’eventuale altra partita», ha spiegato il ct, che rifiuta l’etichetta di Italia favorita ("Le chance sono 50 e 50") ma non ha paura di dire che «non è una finale anticipata», e che alla fine «conta chi arriva sul gradino più alto».
Sul volo della squadra si respirava concentrazione ancora più intensa e una sana rilassatezza, perché la semifinale è già un notevole risultato. Una sconfitta lascerebbe comunque in eredità l’orgoglio di un ritorno non scontato fra le prime quattro, base su cui sperare per il Mondiale dell’anno prossimo. Una vittoria sarebbe storica, perché solo due volte l’Italia del calcio è arrivata in fondo all’Europeo e ne ha vinto solo uno, nel 1968.
A spingere verso la finale c'è anche il vento dell’orgoglio azzurro, rinforzato dall’impresa dell’Italbasket, qualificata ai Giochi, e da quella del tennista Matteo Berrettini, primo italiano dopo 23 anni ai quarti di Wimbledon. A una quindicina di chilometri, questa sera la squadra di Mancini cercherà gloria a Wembley, uno dei templi del calcio intrisi di mistica dello sport, dove il ct ha conosciuto l'amarezza della sconfitta 29 anni fa con la Sampdoria in finale di Coppa dei Campioni (anche se era il vecchio Wembley) assieme all’amico fraterno Gianluca Vialli, oggi al suo fianco in panchina.
«Luca oramai è un po' anziano - ha sorriso Mancini -, lo ascoltiamo sempre volentieri quando parla». Per allungare la sua imbattibilità che dura da 33 partite ora deve superare una nazionale che nella sua storia ha vinto tutte le quattro semifinali europee disputate. Questa guidata da Luis Enrique non è immune black out ma resta la più prolifica di Euro 2020 con 12 reti segnate, una più dell’Italia, e come di consueto domina le statistiche su possesso palla (67,2%) e precisione nei passaggi (89,4%).
«Luis Enrique è bravo - il parere di Mancini -, tutte le sue squadre giocano bene a calcio, al di là delle vittorie. Loro hanno inventato un calcio che li ha portati a successi straordinari. Il nostro calcio è leggermente differente, ma siamo italiani, non possiamo diventare spagnoli all’improvviso». «Dobbiamo stare attenti. Ci metteranno in difficoltà con il loro palleggio», è consapevole Leonardo Bonucci, che con i compagni intende onorare la promessa fatta a Leonardo Spinazzola, costretto a guardare la partita dall’ospedale in Finlandia dove è stato operato al tendine d’Achille.
Al suo posto sulla fascia ci sarà Emerson Palmieri, Federico Chiesa dovrebbe essere confermato nel tridente e Ciro Immobile continua a godere della fiducia di Mancini, convinto che il centravanti tanto criticato può essere decisivo. Si annuncia cruciale il duello a centrocampo fra Jorginho e Sergio Busquets, vero fulcro della Spagna con il 18enne Pedri.
Peccato solo che nell’Inghilterra del liberi tutti, che fra due settimane si prepara ad abbandonare la mascherina e riaprire i locali notturni, le limitazioni per il Covid non permettano le trasferte dei tifosi. «Trovo molto ingiusto che non ci siano metà tifosi italiani e metà spagnoli - il ragionamento di Mancini -. Per il resto meglio giocare davanti al pubblico piuttosto che con poche persone, credo sia il bello dello sport, del calcio, degli spettacoli in generale».
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