L'Inter è campione d'Italia. Dopo 11 anni i nerazzurri di Milano tornano a vincere lo scudetto interrompendo lo strapotere della Juventus. Si tratta del diciannovesimo titolo, conquistato con quattro giornate ancora da disputare, grazie al pari (1-1) tra Sassuolo e Atalanta. La squadra allenata da Antonio Conte, che ha vinto ieri a Crotone 2-0, è a quota 82 punti, 13 più dei bergamaschi, nessuna squadra può più raggiungerla. "Questo è di sicuro uno dei mie successi più importanti in carriera - il primo commento di Conte, intervenuto in diretta a 90' minuto, condotto su Rai2 da Enrico Varriale -. Non era una scelta facile venire all'Inter dove comunque la squadra non era competitiva per vincere qualcosa di importante. Ho accettato la sfida con grande voglia e penso che con il lavoro siamo stati ripagati di tutti i grandi sacrifici che abbiamo fatto". La società, invece, ha subito celebrato la vittoria del titolo con un post su Twitter e un'immagine della squadra al gran completo con Conte e il presidente Zhang. Ovviamente presente la citazione del celebre coro "Siamo noi i campioni dell'Italia" e la scritta "I M Scudetto" a richiamo del nuovo logo della società nerazzurra. Al triplice fischio di Sassuolo-Atalanta è iniziata anche la grande festa dei tifosi a Milano. Tra caroselli in auto e bandiere al vento, i sostenitori dell'Inter si sono già riversati in strada per celebrare il successo. "I campioni dell'Italia siamo noi", "Chi non salta rossonero è" e "Come mai la Champions non la vinci mai" dedicato alla Juventus, sono i cori che stanno accompagnando la festa delle centinaia di tifosi dell'Inter che si sono radunati in Piazza Duomo a Milano, in un assembramento in cui tutti, però, indossano la mascherina, tra sciarpe, coriandoli nerazzurri, bandiere e fumogeni. In lontananza, invece, proseguono i caroselli di chi ha scelto di festeggiare con la propria auto per le vie del centro. Un grande successo per Conte che ha spodestato la "sua" Juventus dopo 9 anni di dominio pressochè incontrastato e riportato lo scudetto dove mancava dallo storico 2010, anno del triplete. Il titolo Conte lo ha sfiorato al primo anno - fermandosi in finale di Europa League e chiudendo a un punto dai bianconeri di Sarri - ed ha arrivato ora al termine di una stagione che tutto è stata fuorchè semplice o lineare. Non chiamatela "pazza", aggettivo che al tecnico di Lecce piace poco (e a farne le spese è stato il simbolico "inno"), ma anomala di certo sì. E se la tremenda variabile Covid ha tolto via il pubblico dagli stadi e colpito più o meno duramente tutte le squadre, le difficoltà che Conte - con staff e squadra, certamente - ha saputo affrontare e superare sono state prettamente di natura societaria. Incertezze messe a nudo nello scontro diretto del 17 gennaio, quando l’unico lampo stagionale di Vidal e la progressione di Barella hanno evidenziato plasticamente che le gerarchie stavano per essere sovvertite. Conte ha messo a punto un meccanismo perfetto partendo dalle basi: se alla Juve c'era la BBC, all’Inter è nata la SDB, ovvero il trio Skriniar-de Vrij-Bastoni, capace di filtrare di tutto e di più, proteggendo un Handanovic mai visto così incerto. Ha poi rispolverato l’oggetto misterioso Eriksen e l'incostante Perisic, trovando loro casa nell’ormai inamovibile 3-5-2. Barella è esploso, Hakimi ha trovato la sua dimensione, Brozovic ha conquistato fiducia e serenità. E poi certo, c'è Lukaku. L’epicentro del contismo in salsa nerazzurra. E con lui Lautaro, sempre più incisivo. Un gruppo di "titolarissimi", cui però chi subentra (Darmian, Sanchez) tiene il livello alto. Uno spogliatoio granitico, cementato - è un paradosso - dai guai finanziari di una proprietà cinese a lungo distante. Gli stipendi non versati, le voci su una possibile cessione. Tutto è sempre rimasto fuori da Appiano Gentile, anche grazie al lavoro di Beppe Marotta, un altro ex bianconero che si gode la sua personale rivincita. Del resto, ha più volte ripetuto Conte, "è inutile pensare a cose sulle quali non posso incidere". E così, vittoria dopo vittoria, l’Inter ha preso il comando con il 3-1 alla Lazio a metà febbraio, all’indomani delle sconfitte di Milan e Juve. Poi il dominio del derby e un allungo sempre più poderoso. Ora il cerchio si è chiuso, Conte ha dato da bere alla sua sete infinita di vittorie e conquistato il quinto campionato da allenatore (3 con la Juve, 1 col Chelsea) ma - c'è da giurarci - la testa è già a come far suo il prossimo. In nerazzurro?