ROMA. "Questo referendum è inutile". La linea della segreteria del Partito democratico sul quesito sulle trivelle, che si voterà il 17 aprile, apre un nuovo fronte nel Pd. Perché il giudizio espresso dai vicesegretari, anticipato da una comunicazione all'Agcom sulla linea dell'astensione e dalle parole pronunciate sabato da Matteo Renzi ("Il quesito non ha buon senso"), irrita la minoranza Pd e i governatori Dem che hanno proposto la consultazione. "Chi ha deciso l'astensione? Non la condivido affatto", protesta per primo Roberto Speranza. E Gianni Cuperlo annuncia che andrà a votare. Ma i vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani rinviano alla direzione del partito convocata lunedì: "Vedremo chi ha i numeri - a norma di statuto - per utilizzare il simbolo del Pd".
La tensione nel partito riemerge in un'intervista di Pier Luigi Bersani alla Stampa. "Non regalo il partito a Renzi. Dobbiamo restare lì. Certo se quelli lì prendono il mitra allora ci toccherà andare in montagna. Altro che scissione...", dice l'ex segretario. E un dirigente dell'attuale maggioranza renziana si dichiara sgomento: "Non mi sarei sognato di usare neanche con Berlusconi la metafora della resistenza, perché il sottinteso è che gli altri - cioè noi - sono fascisti". Ogni giorno, osserva più di un renziano, "la minoranza cerca un tema su cui fare guerriglia. Oggi abbiamo chiuso l'accordo sulle Bcc e loro attaccano sulle trivelle e su Verdini. Non sono mai soddisfatti. Il varco si fa sempre più incolmabile". Ora è atteso l'intervento di Renzi in direzione: il premier, scommette più d'uno, ribadirà probabilmente l'invito a lavorare uniti per le comunali ma non mancherà di mettere i puntini sulle 'i'.
Oggi intanto sono i vicesegretari a definire la linea sulle trivelle. Il referendum "non blocca le trivelle (che in Italia sono già bloccate entro le 12 miglia, normativa più dura in Ue): il quesito riguarda la durata delle concessioni in essere. Se passerà l'Italia dovrà licenziare migliaia di persone e comprare all'estero più gas e petrolio", notano Guerini e Serracchiani. "Una perdita economica secca, senza nessun vantaggio ambientale", concorda Benedetto Della Vedova. "Ne parleremo in direzione lunedì - annunciano i vicesegretari - ratificando la decisione presa come vicesegretari. Chi vuole dare un segnale politico, fa politica: non spende 300 milioni del contribuente". Ma le argomentazioni non convincono la minoranza Pd. Se i vicesegretari spiegano che il referendum non si poteva accorpare alle comunali, la sinistra sostiene il contrario. E manifesta irritazione per le parole "arroganti" della segreteria: se il Pd non vota sì - è l'opinione diffusa nella minoranza Dem - al Sud scompare.
"L'astensione non credo possa essere compresa da una parte significativa dei nostri elettori. Si può andare avanti così?", afferma Speranza. E Nico Stumpo avverte che la direzione non può essere ridotta a luogo di ratifica di decisioni prese "non si sa dove". Miguel Gotor fin d'ora annuncia che voterà sì al referendum e Gianni Cuperlo anticipa che andrà alle urne: "Definire inutile un referendum è sbagliato e non porta neppure bene. Usare la forza dei numeri riflette uno stile autoritario: pigiate il pedale del freno, subito".
"Un referendum non è mai inutile", protesta il presidente della Basilicata, Piero Lacorazza (Pd), tra i promotori della consultazione. "E' sbagliata e ingiusta la posizione dei vicesegretari", afferma il presidente della Puglia Michele Emiliano. "Io e Obama siamo contrari alle trivellazioni. Il Pd siamo noi che lottiamo per l'ambiente non gli altri".
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