ROMA. Nessuno lo penserebbe ma il concime è davvero importante per tutto il pianeta. La scomparsa dei grandi animali, grande fonte di concime, iniziata nel Pleistocene, ha impoverito la Terra con effetti che si vedono ancora oggi.
Il pianeta è stato privato dei suoi nutrienti come il fosforo con una serie di effetti a cascata che hanno via via coinvolto anche l'ambiente dove vivevano e gli animali di taglia più piccola. Lo indicano diversi studi pubblicati sulla rivista dell'Accademia di scienze americane (Pnas), tra cui quello coordinato dall'università danese di Aarhus. I grandi mammiferi influiscono sulla concentrazione globale di metano e la quantità di energia solare riflessa dalla superficie terrestre, modellando gli ecosistemi, in particolare legno, prati e l'incidenza di incendi, con un ruolo chiave nel ciclo e trasporto di nutrienti.
Uno degli studi ha esplorato il legame tra l'inizio del calo dei grandi animali in Nord America più di 13mila anni fa, e l'inizio degli insediamenti umani nel Nuovo mondo. Secondo i ricercatori dell'università di Berkeley, le tracce della scomparsa di animali nativi dell'Alaska, Yukon e sul Pacifico sono ancora presenti. Dopo l'arrivo dell'uomo in America dalla Siberia 15 mila anni fa, si sono estinti 60 grandi mammiferi, tra cui mammut, cavalli, alci e lupi, probabilmente per una combinazione di caccia e cambiamento climatico.
In Sudamerica sono scomparse quasi 99 specie, tra cui lama, armadilli e bradipi giganti. I fossili trovati in queste aree mostrano un cambiamento nelle piante, con un aumento della frequenza degli incendi, ma anche una minore diversità tra i piccoli mammiferi, come i roditori. Si ipotizza che ripristinando i grandi animali vissuti durante il periodo del Pleistocene nell'Artico ricomparirebbero praterie, si rallenterebbe lo scongelamento del permafrost e si aumenterebbe la quantità di energia solare riflessa dalla Terra, riducendo così il riscaldamento. In ogni caso è necessario tutelare i grandi mammiferi ancora esistenti, dagli elefanti alle balene.
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