ROMA. Gli incendi che dal luglio scorso stanno devastando l'Indonesia hanno catapultato il Paese asiatico al vertice della classifica dei più grandi inquinatori mondiali, davanti a Cina e Usa. L'allarme arriva da un'indagine di Bloomberg, secondo cui negli ultimi di mesi le emissioni giornaliere indonesiane di CO2 sono state superiori a quelle cinesi in almeno 14 giorni, e a quelle Usa in 47 giorni. La CO2 prodotta dall'Indonesia ammonta in condizioni normali a 761 milioni di tonnellate all'anno. In media si tratta di 2,1 milioni di tonnellate al giorno, contro i 29,3 milioni della Cina e i 16 milioni degli Usa. A causa delle fiamme, tuttavia, a settembre le emissioni medie giornaliere si sono attestate a 22,5 milioni di tonnellate, salendo a 23 milioni in ottobre. Nel Paese gli incendi rilevati dai satelliti sono oltre 117mila. Il ministro indonesiano per gli Affari sociali, Khofifah Indar Parawansa, ha reso noto che è salito a 19 il numero delle vittime delle esalazioni dei roghi, mentre sono stimate in mezzo milione le persone con problemi respiratori. A bruciare, nelle foreste indonesiane, è la torba, cioè i resti vegetali che sono nel terreno e che contengono 60 miliardi di tonnellate di carbonio, sei volte di più delle emissioni annuali da combustibili fossili di tutto il Pianeta. L'ultima volta che l'Indonesia è stata devastata dagli incendi, nel 1997, si stima che abbia prodotto tra gli 800 milioni e i 2,57 miliardi di tonnellate di CO2, ha ricordato Greenpeace. Il 1997, proprio come quest'anno, è stato caratterizzato da una forte presenza del fenomeno climatico El Nino, che porta siccità nel Paese. Ad aggravare la situazione, però, sono soprattutto i decenni di deforestazioni e drenaggio del suolo nel nome dell'olio di palma, che hanno reso il terreno più vulnerabile agli incendi.