Dundar Kesapli: «Capitale colpita alla vigilia del voto, ma non tutti i curdi sono terroristi»
«È stato colpito il cuore di Ankara, nella zona della Stazione ferroviaria. Non so dire, però, se sono sorpreso. Ci sono stati troppi attentati in questi mesi. E in queste condizioni, purtroppo, il primo novembre andremo al voto». Dundar Kesapli, corrispondente dall’Italia per la televisione pubblica turca «Trt», si trovava ieri a Istanbul quando nel mondo sono rimbalzate notizie e immagini della strage commessa da due terroristi-kamikaze. Sui mandanti, il giornalista non nasconde i suoi sospetti: «Credo proprio che si tratti di estremisti curdi del Pkk, ma guai a confonderli con il loro popolo. La differenza è enorme». Molti puntano il dito sui separatisti curdi. Subito dopo il massacro, intanto, l’ala militare del Pkk ha proclamato una tregua unilaterale. Un annuncio difficile da interpretare? «Facile condannare nei primi minuti, ma è impossibile pensare a un’altra matrice. Nel Sud-Est del Paese, dove sono tutti curdi, vi sono stati molti attentati in questi mesi. Non sembra per nulla casuale, poi, che adesso l’obiettivo dei due kamikaze sia stata Ankara dove si trova il governo. A poche settimane dalle elezioni». Nessuno spiraglio di pace, dopo anni di guerra civile? «Gli estremisti stanno portando avanti una battaglia, una strategia politica, che difficilmente potrà avere esito e soluzioni. Più volte, peraltro, hanno dichiarato il cessate il fuoco ma non lo hanno mai rispettato. Ad ogni modo, voglio sottolineare una cosa: non esiste una guerra tra il governo turco e i curdi, anzi quel popolo sta vivendo una situazione di estremo disagio proprio a causa dei terroristi del Pkk. Perchè si possa uscire da questa situazione, che dura da troppi anni, bisognerebbe essere in due a volerlo. Così, però, non è». E le accuse di «scarsa sensibilità democratica» mosse al presidente Erdogan ...? «Qualcuno dimentica che il partito curdo è entrato in Parlamento e nel governo siedono i loro ministri, anche se adesso si va al voto anticipato. Da noi, quindi, la democrazia c’è. Con la coalizione, poi, è stata data la dimostrazione di una grande volontà di apertura. Gli attentati, però, proseguono e non si riesce a capire chi c’è dietro gli estremisti». Nella strage di Ankara, del tutto da scartare la pista che porta all’Isis? «Giusto che qualsiasi governo, di fronte ai terroristi, prenda una posizione decisa. Così, è stato fatto dalla Turchia contro il Califfato. Dietro l’attentato, può anche esservi un legame tra estremisti curdi e Isis. Sembra strano che possano collaborare, ma nulla va escluso considerato che lo Stato Islamico ce l’ha con tutto il mondo. Anche Europa e Italia, oggi, sono decisamente a rischio. Purtroppo, siamo tutti impotenti dinanzi a questa minaccia». Servizi di sicurezza turchi inevitabilmente destinati a finire sul banco degli imputati, per non avere impedito l’attacco suicida? «Di fronte all’imprevedibile, non è facile intervenire anche se disponi di un grande sistema di sicurezza. Nessuno può davvero tutelare del tutto i cittadini dalle minacce terroristiche. Quello di Ankara, comunque, è un attentato contro la democrazia e le aperture verso un popolo che è democraticamente entrato in Parlamento. Non credo che l’attacco sia venuto da fuori, specie per quanto è avvenuto da luglio a ora». Quanto peserà l’attentato sul voto? «Intanto, anche se non è facile, mi auguro che i cittadini possano reagire serenamente. E che possano pacificamente andare alle urne. Sul risultato delle elezioni, non so. Certo, il partito curdo è entrato in Parlamento per un pelo e qualcosa in più hanno ottenuto i nazionalisti (il partito Mhp guidato da Devlet Bahceli, ndr). Se si va avanti così, molte cose potrebbero cambiare. La Turchia, comunque, ha bisogno di un governo stabile. È anche interesse dell’Europa, considerata la delicata posizione geografica del nostro Paese. Noi siamo un ponte. Agli europei non conviene che questo sia pericolante». L’Unione europea, però, continua a mostrarsi diffidente. Perchè? «Questo è, innanzitutto, un problema dell’Europa. Non dimentichiamo che la Turchia fa parte della Nato e che da sempre ha un buon rapporto con Italia, Spagna e Portogallo. Non si può dire la stessa cosa di Germania e Francia. Strano, comunque: i tedeschi non vogliono consentire l’ingresso del nostro Paese nella UE, ma la signora Merkel è venuta qui a pretendere severità per bloccare il passaggio dei migranti. Non ci vogliono riconoscere, eppure hanno bisogno di noi». Tra Italia e Turchia, prossimo uno scambio di testimone: nel 2016, infatti, Antalya ospiterà l’Expo. Un evento messo a rischio dalle bombe? «Intanto, vorrei dire che da 27 anni lavoro in Italia e che i due popoli sono davvero vicini. Anzi, i rapporti bilaterali sono progressivamente aumentati. Su Expo, dico che quando vi sono eventi importanti la sicurezza in Turchia è sempre elevata. Io, peraltro, sono stato a Milano ma non ho visto particolari controlli: è andato tutto bene da voi, lo stesso ci auguriamo che accada da noi!».