«Non servono altre riforme della pubblica amministrazione. Una legge che consente ai dirigenti di spostare i dipendenti da un ufficio all’altro c’è già». Totò Lentini, capogruppo all’Ars di Sicilia Democratica, interviene sulla proposta di una riforma della pubblica amministrazione siciliana, lanciata dal leader dell’Udc Gianpiero D’Alia sul Giornale di Sicilia, in seguito al nuovo caso di un atto di interpello per il personale regionale che non ha fatto registrare le adesioni sperate. L’ennesimo atto di interpello andato a vuoto ha spinto alcune forze della maggioranza a proporre una riforma della pubblica amministrazione, che preveda spostamenti obbligatori. La reputa necessaria? «Non credo che serva una riforma. Con la Finanziaria del 2015 abbiamo recepito la legge statale che dà potere ai dirigenti generali di trasferire i dipendenti d’ufficio, anche se entro i 50 chilometri dalla loro residenza. Per i precari, come quelli della Forestale, la legge prevede anche spostamenti entro i 20 chilometri. Quindi è già possibile fare spostamenti da un assessorato all’altro. Finora questa norma è stata poco applicata perché molti atti di interpello sono stati effettuati quando la legge non era ancora entrata in vigore. Una nuova legge sarebbe solo una ripetizione del provvedimento già approvato». Quale procedura prevede questa norma per potere effettuare i trasferimenti? «È un dato di fatto che bisogna ridistribuire il personale negli uffici, perché è collocato in maniera inadeguata. Ma la procedura per effettuare la riorganizzazione del personale è facile: basta che i dirigenti diano fra di loro il parere favorevole o sfavorevole sia in entrata che in uscita al trasferimento dei dipendenti. Non servono altri passaggi». L’assessore Baccei aveva predisposto un piano che prevedeva prepensionamenti e nuove assunzioni per rinnovare l’amministrazione e ridurre la spesa, piano che però ha subito uno stop. Pensa che sia possibile recuperarlo? «Credo che sia difficile riuscire a consentire i pensionamenti. Dal gennaio del 2004 il personale della Regione ha visto adeguato il calcolo della pensione dal sistema retributivo a quello contributivo, in seguito al recepimento della legge nazionale. Quindi ha subito una penalizzazione. La norma è peraltro retroattiva, quindi il calcolo della pensione viene effettuato come se il sistema utilizzato fosse sempre stato quello contributivo. Ciò comporterà tanti ricorsi e significa che i dipendenti regionali vedranno decurtata dalla loro pensione una somma che invece sarebbe stata loro versata in base al sistema retributivo, pari al periodo che va dall’assunzione fino al 2003. Quindi chi va in pensione quest’anno perderebbe circa 400 euro al mese, perché non gli viene riconosciuto il periodo in cui i versamenti erano stati effettuati in base al sistema retributivo. Secondo questa legge le casse regionali dovrebbero recuperare circa 100 milioni di euro nell’arco degli anni ma gli esodi sembrano più difficili». Il debito della Regione cresce, i fondi comunitari per la programmazione 2014-2020 si sono ridotti rispetto a quella precedente. Come si può far fronte a questa situazione di crisi? «Bisogna applicare una particolare spending review per trovare risorse per gli investimenti, come nel caso del cofinanziamento dei progetti che possono essere finanziati con fondi europei. Alcuni provvedimenti sono stati già applicati dal governo ma bisogna individuare altre voci del bilancio regionale in cui è possibile ancora intervenire. Ci sono ancora alcuni casi di sprechi ai quali non si è riusciti a trovare una soluzione, come nel caso degli affitti. La Regione ha venduto anni fa alcuni palazzi che poi ha riaffittato dalla stessa azienda che li ha comprati. È stata un’operazione sbagliata. Adesso solo gli affitti costano circa 40 milioni di euro all’anno. Anche dalle partecipate si possono ottenere dei risparmi. Un’altra operazione sbagliata è stata quella di Siciliacque, che compra un metrocubo d’acqua dalla diga Garcia a 5 centesimi e lo rivende ai Comuni, dopo averlo potabilizzato, a 95 centesimi al metrocubo». Ma anche la spesa sanitaria è cresciuta nell’ultimo anno… «Proprio nella sanità si è verificato un altro spreco. Il reparto di cardiochirurgia pediatrica dall’ospedale Civico di Palermo è stato trasferito a Taormina e continua ad avere un costo per la Regione di 9 milioni di euro ogni anno. L’introito delle prestazioni invece non supera i 250 mila euro l’anno». Dal punto di vista politico, Sicilia Democratica ha avviato un dialogo con il Pdr. Che cosa sta succedendo? «Il nostro intervento è stato importante per far approvare una serie di riforme, dai liberi consorzi alla legge sull’acqua. Stiamo lavorando per realizzare una federazione con il Pdr. Manterremo gruppi autonomi ma saremo federati, dal momento che condividiamo tante posizioni. In tutto la federazione raccoglierà 11 deputati e in Aula si presenterà come un grande gruppo che può intervenire e far sentire la propria voce sulle proposte di legge. Anche all’interno della maggioranza la nostra voce acquisirà una maggiore forza». In seguito a quest’operazione pensate di potere ottenere un posto in più in giunta dal momento che l’assessorato alle Attività Produttive resta ancora senza guida? «Noi esprimiamo già due assessori, quello al Territorio e quello all’Agricoltura. Il presidente Crocetta ai primi di settembre organizzerà una riunione di maggioranza per decidere il da farsi». Sareste d’accordo sulla nomina di Fiumefreddo? «Noi non lo conosciamo direttamente. È una persona vicina al presidente. Il Pd già in passato non lo ha voluto in giunta. Se il presidente gli vorrà concedere una delega sarà una scelta e u