PALERMO. Passa una mediazione e la riforma delle Province arriva al traguardo. Approvati tutti gli articoli, oggi arriverà il voto definitivo. Alla ripresa delle votazioni per due volte sono stati respinti emendamenti che avrebbero radicalmente modificato la norma sulle città metropolitane introducendo l’elezione diretta del sindaco o assegnandone automaticamente la guida al primo cittadino del capoluogo. In entrambi i casi, seppur col voto segreto, gli emendamenti sono stati respinti. L'ARTICOLO 13. Il sindaco del capoluogo non sarà automaticamente anche il sindaco della città metropolitana. È quello che ha deciso il Parlamento approvando l’articolo 13, uno dei più importanti fra quelli che compongono la riforma. In pratica, il sindaco della città metropolitana verrà eletto dai sindaci e dai consiglieri dei Comuni che compongono l’area metropolitana. E sono candidabili alla carica di sindaco della città metropolitana i primi cittadini di tutti i Comuni aderenti a patto che il loro mandato scada non prima dei 18 mesi dalla data delle elezioni. Fatta la prima elezione, entro un anno lo Statuto della città metropolitana può essere modificato prevedendo l’elezione diretta del sindaco dalla successiva tornata elettorale. Non è passata quindi nè la linea di chi voleva che il sindaco della città metropolitana fosse di diritto quello del Comune capoluogo (Udc e Pd) nè la linea di chi voleva l’elezione diretta da parte del popolo (il Centrodestra). MARZIANO. “Il voto dell’aula che ha bocciato il diritto per il sindaco del Comune capoluogo di guidare la Città metropolitana è un grave errore politico che rischia di far perdere autorevolezza all’intera norma che già così presenta con una grave diversità rispetto alle norme in vigore nel resto d’Italia” Così il presidente della commissione attività produttive, Bruno Marziano, commenta quanto accaduto nell’aula di palazzo dei Normanni durante la votazione agli articoli del disegno di legge sui Liberi Consorzi. “A questo punto – spiega Marziano – il rischio è la possibilità di eleggere alla guida di una Città Metropolitana anche il sindaco di un Comune di poche centinaia di abitanti, purché ricadente nell’area stessa. Mi chiedo con quale autorevolezza il primo cittadino di un piccolo centro, sia pur in possesso di tutti i requisiti di legge, possa guidare ed indirizzare le scelte di coordinamento e pianificazione territoriale che la legge affida alle Città metropolitane. Abbiamo ancora una volta assistito all’uso improprio del voto segreto – conclude il parlamentare PD – un sistema di voto che sempre più spesso viene utilizzato a sostegno di interessi di parte piuttosto che a servizio del bene comune”. In aula il Nuovo Centrodestra ha aiutato la maggioranza di centrosinistra (in vista di una possibile futura alleanza). E ciò ha fatto irritare Forza Italia. “Le critiche che l’onorevole Vinciullo rivolge a mezzo stampa a Forza Italia - dice Marco Falcone, capogruppo di Forza Italia all’Ars -, circa la decisione del nostro movimento di uscire dall’Aula nel corso della votazione degli emendamenti, taluni del centrodestra, al disegno di legge di riforma delle province, lasciano di stucco. Vinciullo dimentica infatti che i suoi capi hanno già chiuso un accordo con la sinistra di cui egli stesso è beneficiario. Il Ncd farebbe dunque bene a cambiare nome in Nuovocentrosinistra, smettendo di cercare alibi per giustificare il salto della quaglia. Non abbiamo mai condiviso e mai condividiamo nulla di questa legge, i cui effetti nefasti saranno evidenti già dai primi mesi del 2016 e della quale dovranno assumersi la piena responsabilità il Pd, l’Udc e il Ncd”. RIFORMA IN BILICO ALL'AVVIO. Subito in bilico la riforma delle Province. Il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, è stato costretto a rinviare le votazioni sfruttando un cavillo regolamentare ed evitando così un probabile Ko della maggioranza sulla norma principale del testo. L’articolo in questione è il 13, quello che fissa le regole per l’elezione del sindaco delle tre città metropolitane (Palermo, Messina e Catania). È un articolo che sta spaccando trasversalmente i partiti perchè questa figura avrà un potere enorme (anche nella gestione di ingenti finanziamenti statali e regionali) e nella formulazione attuale è scontato che il ruolo andrà agli attuali primi cittadini delle città capoluogo. Già ieri la votazione è stata rinviata perchè la maggioranza non aveva i numeri per approvare la norma. E poco fa, alla riapertura dei lavori, i grillini hanno chiesto il voto segreto: forti del fatto che i deputati della maggioranza non erano tutti presenti e così l’emendamento che boccia l’articolo ha chance altissime di essere approvato. Ma Giovanni Ardizzone ha fatto valere un articolo del regolamento interno che impedisce di iniziare le votazioni prima che l’aula sia al lavoro da almeno 30 minuti. È questo il termine per recuperare i numeri necessari a blindare la riforma. E subito i partiti hanno iniziato a chiamare i deputati per imporre la presenza alla votazione. Una votazione-trilling che andrà in scena fra pochissimo.