Gli schiaffoni se li danno nel palazzo della politica ma il dolore lo sentono i siciliani. Lo scontro in Regione all’interno della maggioranza (ammesso che sia ancora tale) è diventato una faida. Lo dimostra l’episodio più recente: la proposta di Fabrizio Ferrandelli, deputato del Pd, di chiedere al suo partito la mozione di sfiducia nei confronti del presidente Crocetta. Considerando che il Pd, almeno teoricamente, è uno dei partiti che appoggia la giunta siamo di fronte ad un corto circuito che non ha molti precedenti nella storia parlamentare. A questo si aggiungono le accuse roventi fra Crocetta e Davide Faraone che, prima ancora della carica di sottosegretario all' Istruzione, è la figura di riferimento del renzismo in Sicilia. Attraverso le sue parole si ritrova il pensiero del segretario -premier. Gli accenti utilizzati dimostrano che la rottura fra Roma e Palermo è ormai assoluta. La partita dei trecento milioni promessi (verbalmente) e mai arrivati rappresenta un altro episodio della lunga agonia. Anche perché su queste risorse la giunta aveva costruito la legge di bilancio. Se non arriveranno, come appare ormai probabile, scatterà l' impugnativa da parte del governo. Quanto potrà durare questo rimpallo? Non molto speriamo, visto che a pagare il conto sono i cittadini. Gli unici, cioè, che non hanno nessuna responsabilità. Nessuno dei protagonisti in questa partita è esente da colpe. Non certo Crocetta partito lancia in resta annunciando che avrebbe rivoluzionato la Sicilia. Dopo due anni e mezzo di mandato non si può certo dire che il bilancio sia smagliante. In molti casi le cause del l' insuccesso sono addebitabili, in qualche misura, alle amministrazioni precedenti. Tuttavia il richiamo al passato non può diventare un alibi per tutte le stagioni. Non meno gravi le responsabilità del Pd. Al partito, purtroppo, si deve rivolgere la medesima accusa che, ai tempi della Prima Repubblica, veniva indirizzata al la Democrazia Cristiana. Cioè il fatto che le sue liti interne finivano per ripercuotersi sul Paese. L' assenza di una opposizione forte e credibile aggrava la situazione. Un' analisi che vale a Roma con il confronto continuo fra il segretario -premier e la minoranza interna. Vale a Napoli dove l' impossibilità (o l' incapacità) di fermare la candidatura di De Luca ha creato un ingorgo giuridico e istituzionale che paralizza la Regione e getta nuovo discredito sulla classe politica. Infine a Palermo con lo scontro con il Presidente Crocetta che, come un torrente carsico compare e scompare negli anfratti del palazzo. Il risultato è l' immobilismo. Gli effetti sono devastanti perché impediscono alla Sicilia di agguantare il leggero vento di ripresa economica che si avverte nel resto del Paese. Per invertire la rotta serve un deciso colpo di timone e non certo piccole manfrine come i vertici di maggioranza che lasciano le cose come stanno se non peggio. È chiaro che così la Regione non può andare avanti. Ola maggioranza trova l' intesa su alcuni punti qualificanti per impostare la seconda parte della legislatura oppure è meglio tornare alle urne. Certo non sarebbe un successo per nessuno ma, a questo punto, diventerebbe quasi una strada obbligata. A meno di non voler cedere completamente le armi all' anti-politica montante.