PALERMO. Pizzaiolo, raccoglitore di frutta, cameriere, commesso, mungitore, elettricista, meccanico. È il lavoro che c' è ma nessuno vuole, con 29 mila offerte «bruciate» nel primo trimestre del 2015 mentre il tasso di disoccupazione nel Paese supera quota 12 per cento. I dati, elaborati dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro attraverso un sondaggio tra i propri iscritti, sono emersi durante il «Festival del lavoro» al Teatro Massimo per concludersi domani.
Dati che non sorprendono il presidente della Fondazione, Rosario De Luca, perché «legati alla sistematica assenza di collegamento tra il percorso della formazione professionale e il mondo del lavoro».
Nel dettaglio, nei primi tre mesi dell' anno sono andate a vuoto le ricerche per 3200 raccoglitori stagionali di frutta e ortaggi, 2500 infermieri e addetti alla cura della persona, 2300 camerieri, 2000 idraulici e posatori di tubazioni, 2000 com messi, 1800 mungitori, 1800 segretari, 1500 informatici, 1200 pizzaioli, 1200 meccanici, 1200 elettricisti, 1200 parrucchieri ed estetisti, 1200 venditori, 1000 baristi e altre 4900 figure professionali varie. Una tendenza in linea con quella del 2014 che riguarda soprattutto i lavori manuali.
«Il nostro Paese vive di risorse naturali che non sono solo quelle estrattive ma soprattutto il turismo, i beni culturali, l' enogastronomia: ma se riflettiamo bene- sottolinea De Luca - il sistema non forma, se non attraverso percorsi individuali e occasionali, giovani specializzati in questi settori e insiste nello sformare figure professionali sganciate dalle reali esigenze delle imprese». Secondo i consulenti del lavoro, in soldoni, sulla piazza ci sono migliaia di laureati in scienze della comunicazione, ingegneria e giurisprudenza che hanno scarse possibilità di trovare impiego. Ma un ristoratore stenta a trovare un pizzaiolo o un cameriere.
«La difficoltà nel reperire personale esperto nel settore - spiegano i curatori dello studio dal titolo «Il lavoro che c' è»- ha costretto i gestori ad accontentarsi di ingaggiare del personale non qualificato e ad assumersi gli oneri della formazio ne in modo da riallineare le competenze del dipendente a quelle necessarie per garantire l' idonea qualità nell' offerta aziendale».
Diversa, invece, la situazione nel settore agricolo dove si assiste ad un fenomeno contrastante: da un lato nei primi mesi del 2015 è aumentato il numero di aziende agricole guidate da giovani under 30 e sono emerse nuove figure legate al «made in» (sommelier, birraio a chilometri zero, affinatore di formaggi, food blogger, idro-geologo, climatologo), dall' altro si registra la difficoltà di reperire lavoratori meno specializzati, come raccoglitori stagionali di frutta e ortaggi (col 40 per cento dei posti rimasti vacanti), trebbiatori, mungitori e tagliatori di pellame.
Quale soluzione allora? Secondo Rosario De Luca «occorre riformare il sistema della formazione legandolo alle reali esigenze delle imprese, sganciandolo dai percorsi tradizionali: un giovane che esce dal liceo deve guardare all' Università o ad altri percorsi formativi avendo già le idee chiare sulla situazione del mercato».
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