ROMA. Riparte dallo studio di Porta a Porta il Renzi 1, il rottamatore allergico alle mediazioni e al politichese. Con un doppio ultimatum, il presidente del consiglio avverte il sindaco di Roma Ignazio Marino, «se sa governare vada avanti o torni a casa». E sulla tormentata riforma della Scuola, inchioda tutti alle proprie responsabilità: «Con 3mila emendamenti non si fa tempo ad assumere per settembre», è la minaccia alle opposizioni e alla minoranza dem che apprezza la convocazione di una conferenza sulla scuola, a inizio luglio, ma denuncia «lo scaricabarile» sui precari. Il leader Pd non ha intenzione di riaprire la «seduta di coscienza» dentro il Pd sull'esito delle amministrative. All'assemblea del gruppo, che stasera elegge Ettore Rosato nuovo capogruppo, ammette che «è il momento più duro di una legislatura da brividi» ma questo non cambia la determinazione ad andare avanti fino al 2018. «Vado a casa se perdo il congresso nel 2017 o le elezioni - chiarisce - capita di perdere ma un anno fa il Pd aveva i segno più del 40% ed il segno meno sul lavoro, ora invece abbiamo 260mila posti di lavoro in più». Con l'impegno a non «parlare più da oggi di correnti, a discutere del nostro ombelico», il premier pensa ad un rilancio dell'azione di governo. Nel solco, però, di quanto fatto finora sia sulle riforme sia in Europa. Il confronto dentro il partito, chiesto a gran voce dai bersaniani, e tanto meno la riorganizzazione degli organigrammi interni, non sembra appassionare il segretario. E cade nel vuoto la richiesta di Stefano Fassina di «fare un bilancio» perchè «la scissione l'hanno fatta già gli elettori». Nella migliore tradizione renziana, il toro va preso per le corna. E così quel «se fossi in Marino non starei tranquillo», diventa l'ultimo avviso al sindaco, che a molti suona come un pre-sfratto. «È una persona perbene, non c'è dubbio ma lasciando l'inchiesta alla magistratura a me interessa capire se pulisce le strade, tappa le buche, affronta l'emergenza casa», è la sfida del premier. Sul fronte di governo, riforma della pubblica amministrazione, fisco con la local tax dall'anno prossimo e giustizia, che «però è già molto migliorata come dimostrano oggi i complimenti in Lussemburgo a Orlando sulle carceri», sono i prossimi step che Renzi vuole completare. Rischia invece di non vedere la luce nei tempi previsti la «Buona Scuola». La mole di emendamenti, spiega il premier, rende impossibile assumere a settembre i 100mila precari. «È la conseguenza delle scelte dell'opposizione», sostiene il leader Pd che più tardi in un tweet chiarisce di non voler bloccare la riforma. «Noi ci siamo,spero anche gli altri», spiega dopo aver annunciato per inizio luglio una conferenza sulla scuola che comprenda i sindacati, gli insegnanti e le famiglie. Una mano tesa alla minoranza che chiedeva un approfondimento sul tema mentre il presidente del consiglio non ha intenzione di stralciare le assunzioni con un decreto. «Sento tutti e poi decido, se no non si fa niente», è la bussola di Renzi. Che tira dritto anche sulla proposta italiana in discussione in Ue per affrontare l'emergenza immigrazione. Fiducioso che «al consiglio Ue si chiude», il premier non molla i paletti italiani sulle quote con una ripartizione non di 24mila profughi, «sono i baci di Celentano» ma di 30-40 mila. Altrimenti, se salta tutto, l'Italia farà da sola ma, contrattacca rivolto alla Lega, gli accordi di Dublino «non li ha firmati ieri Alfano, sono arrivati quando gli stessi che oggi protestano erano al governo».