Lunedì 23 Dicembre 2024

Confindustria: dopo una crisi di sette anni ripartono le piccole e medie imprese del sud

ROMA. Più di sette anni di crisi hanno avuto un impatto duro sul tessuto produttivo meridionale, ma dalle Pmi del Sud arrivano anche primi segnali di ripartenza. E' la fotografia contenuta nel 'Rapporto Pmi Mezzogiorno 2015' curato da Confindustria e Cerved. La crisi, in particolare, ha fatto uscire dal mercato oltre un quarto delle 29 mila imprese attive nel 2007. Ora però il sistema sembra pronto a ripartire: il rapporto prevede un miglioramento dei principali indicatori, in particolare fatturato +1,2% nel 2015. L'analisi, che prende in considerazione le 27 mila società di capitale meridionali che rientrano nei requisiti europei di Pmi, mostra bene i segnali della crisi: si sono innalzati i tassi di mortalità delle pmi meridionali (oltre un quarto è uscito dal mercato e un quarto delle 20 mila imprese rimaste ha dovuto ridurre la propria dimensione), si è ridotta la natalità (fino al 2012 è diminuito il numero di nuove imprese) e le aziende sopravvissute hanno avuto conseguenze pesanti sui bilanci (dal 2007 al 2013 i margini lordi delle imprese meridionali si sono ridotti del 38,6%, 7 punti più della media nazionale). Nonostante questi dati, evidenzia lo studio, oggi sono "numerosi i segnali di una possibile inversione di tendenza": grazie all'introduzione delle srl semplificate, la natalità delle imprese meridionali negli ultimi due anni è superiore a quella pre-crisi (nel 2014 al Sud sono nate 29 mila delle 83 mila nuove imprese in Italia); crescono inoltre le imprese meridionali solvibili e diminuiscono quelle più a rischio. C'è poi un gruppo di pmi che nonostante la crisi è riuscito a crescere a ritmi più sostenuti, evidenzia il Rapporto: sono le cosiddette 'gazzelle', cioè le imprese che tra 2007 e 2012 hanno raddoppiato o più il proprio fatturato. Proprio queste imprese - sottolinea lo studio - "possono ora trainare la ripresa del Sud". Confindustria e Cerved prevedono per le Pmi del Sud una crescita, seppur con ritmi più bassi della media nazionale, dei principali indicatori economici, che dovrebbe continuare anche nel 2016: in particolare il fatturato dovrebbe passare dal +1,2% di quest'anno al +2% nel 2016, il valore aggiunto +2,1% nel 2015 e +2,6% l'anno successivo. Più contenuto invece il miglioramento previsto dei debiti finanziari rispetto al capitale netto: "segno - si legge nel Rapporto - che la vera partita della crescita si gioca sul versante finanziario".

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