È ottimista sulla ripresa dell’economia siciliana e, per dimostrare che le imprese stanno iniziando a uscire dal tunnel, Giovanni Chelo, responsabile regionale di UniCredit, snocciola gli ultimi dati sull’erogazione dei finanziamenti alle imprese. «Da gennaio a maggio i finanziamenti a medio e lungo termine concessi dalla nostra banca alle imprese siciliane sono aumentati del 130 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Sono numeri notevoli». Nel resto d’Italia gli occupati crescono, in Sicilia calano. Sono 19 mila in meno rispetto a marzo del 2014.
Come legge i dati dell’Istat?
«Qui l’occupazione stenterà un po’ a ripartire per la mancanza della domanda. Ma l’andamento dell’economia sia nel 2015 che nel 2016 dovrebbe crescere. Le previsioni della Fondazione Res, il centro studi che monitora l’economia siciliana, prevede che quest’anno il Pil aumenterà dell’1,4% e dell’1,8% l’anno prossimo».
Qualcosa si muove anche in Sicilia, allora? Timidi segnali di ripresa?
«In generale, sta ripartendo l’economia, trainata dal turismo. Attraverso l’analisi dell’erogazione del credito si può toccare con mano che le cose stanno cambiando. Il vero termometro è l’aumento dei finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese, rispetto a quelli concessi l’anno scorso. Nei primi 5 mesi del 2014 alle imprese avevamo prestato 82 milioni, che da gennaio a maggio di quest’anno sono diventati 188. Ciò significa che c’è stato un aumento del 130 per cento. Sono numeri molto significativi, che dimostrano come finalmente le aziende hanno deciso di investire e noi le stiamo aiutando. Anche l’anno scorso eravamo disponibili a concedere credito, ma non c’erano richieste. La meccanica ha iniziato la salita, ma tutto è trainato dalla ripresa del settore turistico, che comprende in senso ampio l’enogastronomico, la ristorazione, gli hotel».
E gli altri settori come stanno?
«C’è un timido risveglio anche del mercato immobiliare: i mutui per la casa concessi da UniCredit in Sicilia nei primi cinque mesi sono aumentati del 4%. In generale c’è più fiducia, che emerge dalla propensione ai consumi e quindi dai prestiti personali aumentati del 12 per cento. Tutti dati molto positivi, che mostrano come piano piano stiamo uscendo dal tunnel».
A cosa è dovuta la ripresa? È anche effetto del Jobs Act?
«Il Jobs Act farà la sua parte, ma gli effetti sono dovuti a una rinnovata fiducia delle imprese a investire, grazie alla liquidità della Banca Centrale Europea e ai bassi tassi di interesse. In questo modo, l’imprenditore è più invogliato a investire. C’è tanta concorrenza e le banche hanno moltissima liquidità per effetto dei fondi ottenuti dalla Bce».
Sulla base del Rapporto sul Turismo 2015, curato dal vostro centro studi in collaborazione con il Touring Club Italiano, la Sicilia è al nono posto in Italia per numero di esercizi turistici, letti e presenze turistiche complessive. Come leggere queste cifre?
«Nel quinquennio 2008-2013 l’Isola è cresciuta del 9,4% per numero di letti, rispetto all’1,7% della media italiana, facendo sì che il turismo generi oggi per la regione il 5% del valore aggiunto, dando lavoro all’8,7% del totale occupati. Ma sono ancora numeri insufficienti. Il turismo siciliano rappresenta il 4 per cento di quello nazionale, quello del Veneto il 30 per cento. È vero che lì ci sono città d’arte, ma una terra come la Sicilia, ricca di storia e di forza lavoro, deve esprimere più del 10 per cento e raddoppiare gli occupati».
Cosa sta facendo la vostra banca per aiutare gli operatori turistici?
«UniCredit ha lanciato un progetto che si basa su quattro pilastri: il primo si fonda sull’aspetto digitale e offre alle imprese la possibilità di conoscere in misura più approfondita il mercato e i concorrenti, con l’obiettivo di gestire al meglio e il proprio posizionamento. Per questo UniCredit ha investito su Travel Appeal, una startup che fornisce uno strumento in grado di sintetizzare in un unico indicatore la reputazione online e social dell’impresa».
In termini concreti per le aziende cosa farete?
«Vogliamo erogare, entro il 2018, 160 milioni di euro di nuova finanza al turismo siciliano, di cui oltre il 75% è destinato a imprese con fatturato inferiore a 5 milioni di euro, dato il carattere prevalentemente micro imprenditoriale del settore. Questo si traduce in una serie di prodotti particolari come i mutui fino a 22 anni, i finanziamenti per l’efficientamento energetico, i mutui stagionali, il Bond Italia 4 Tourism, iniziativa della Banca che consiste in finanziamenti a medio-lungo termine garantiti direttamente dal Fondo di Garanzia per le piccole e medie imprese. Il terzo pilastro prevede soluzioni assicurative in collaborazione con alcuni partner del settore. L’ultimo pilastro dell’iniziativa consiste nel supportare l’accrescimento delle competenze finanziarie e le conoscenze di marketing e digitalizzazione degli operatori. Per questo organizzeremo giornate di formazione denominate Tourism Day, che da giugno a dicembre si articoleranno in cinque tappe: Costa Smeralda, Treviso, Lecce, Catania e Firenze».
Nonostante tutto, i lavoratori precari hanno ancora difficoltà ad accedere ai mutui e a mettere su famiglia.
«Non esistono prestiti “ad hoc” per i precari, ma confermo che il contratto previsto dal Jobs Act, quello a tutele crescenti, dalla nostra banca è considerato un contratto a tempo indeterminato e chi ce l’ha può usufruire dei nostri mutui. Inoltre, c’è un fondo di garanzia dello Stato a favore delle coppie giovani al quale come banca abbiamo aderito».
Qual è, secondo lei, l’atteggiamento del governo nazionale nei confronti del Mezzogiorno? C’è chi sostiene che Roma se ne stia disinteressando.
«Il governo Renzi deve fare di più. Mi auguro che faccia un progetto dedicato al Sud. Al momento credo che il Mezzogiorno non sia una priorità nell’agenda politica. La classe dirigente per far crescere il turismo deve realizzare infrastrutture e sbloccare gli investimenti pubblici, scelta che il Governo potrà fare quando mostrerà un’Italia che sta bene».
Agli occhi di un banchiere, di chi è la responsabilità del mancato sviluppo della Sicilia?
«I guasti sono stati fatti negli ultimi trent’anni. I tanti soldi che sono arrivati sono stati usati per creare posti di lavoro pubblici e non per costruire strade, autostrade o funivie. Posti di lavoro nella pubblica amministrazione che non hanno portato una crescita economica. Soltanto se si costruiscono infrastrutture si crea ricchezza e la domanda aumenta. La classe dirigente è stata incapace di vedere il futuro e ha solo pensato di assicurarsi una base elettorale».
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