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Di Maggio: «Aiuti ai poveri per arginare il malaffare e aiutare l’economia»

La povertà come arma di ricatto, il lavoro e un reddito come strumenti per riscattare la propria dignità. Il disegno di legge di iniziativa popolare per il sostegno al reddito cerca di essere una strada per sottrarre le famiglie in difficoltà da mafia, usura, compravendita dei voti. Trappole in cui rischiano di cadere quotidianamente. «Abbiamo aderito a questa iniziativa perchè pur sapendo che non è la soluzione è comunque un importante passo avanti», dice Umberto Di Maggio, presidente regionale di Libera, associazione fra quelle promotrici del disegno di legge.

Perchè dice che questa proposta non è la soluzione definitiva?

«A livello nazionale abbiamo avviato, come Libera, una campagna per il reddito di cittadinanza che noi chiamiamo reddito di dignità. Crediamo che un uomo senza reddito perda la propria dignità, diventa debole e quindi ghiotto boccone per mafia e corruzione. Il problema va risolto a monte però, garantendo a tutti un reddito. Che significa assicurare un lavoro. Siamo felici però di avere partecipato a questo gruppo di lavoro, non mi fraintenda. Perchè quella proposta non sarà una misura esaustiva ma sicuramente dà una mano».

Cosa differenzia questa proposta da quella a livello nazionale?

«La campagna lanciata a livello nazionale (che sul web si trova all’indirizzo www.campagnareddito.eu) prevede l’attivazione di politiche attive del lavoro, creare occupazione per garantire a tutti un reddito. Un sostegno alle famiglie che non è uno strumento di welfare come invece la carta sociale prevista dal disegno di legge a livello regionale. Noi dobbiamo anticipare il problema della corruzione, intervenire a monte per evitare che chi è in difficoltà possa cadere vittima del malaffare. Siamo però consapevoli che questo è molto difficile, oggi il problema non si può risolvere in questo modo. Per questo il disegno di legge che abbiamo presentato alla Regione è oggi un buon passo avanti».

Lei dice che bisogna intervenire per sottrarre le famiglie povere alla corruzione e al malaffare. Oggi che tipo di legame c’è fra questi fenomeni?

«Oggi in Italia la corruzione vale 60 miliardi l’anno, come se ogni cittadino avesse sulle spalle mille euro di corruzione. Quello che riscontriamo sempre più spesso sono famiglie che trovano ostacoli nell’accesso al credito e che quindi cadono nelle mani di mafiosi e usurai. Oppure quelli che si rivolgono alle mense dei poveri ma queste strutture sono sempre più spesso alle prese con i tagli dei fondi: ecco allora che si presenta il piccolo boss con una busta della spesa ma, prima o poi, tornerà per chiedere conto di questo favore. Sono questi i pericoli che oggi corre una famiglia in difficoltà. Uno Stato non può basarsi sulla solidarietà, questa è importante ma la politica deve intervenire».

Per concretizzarsi questo disegno di legge si devono raccogliere 10 mila firme. Siete fiduciosi?

«Il problema è così attuale e generalizzato che non credo ci saranno difficoltà. La gente lo vive sulla sua propria pelle, troveremo larga condivisione, ne sono certo».

La proposta di legge individua alcune linee di finanziamento ma siete certi che la Regione abbia la copertura finanziaria?

«Non credo che non si possano immaginare concretamente risparmi su spese inutili. Non parlo solo della politica ma della macchina amministrativa in generale: sarebbe un bel segnale, un atto di corresponsabilità, dire ”destiniamo una parte dei nostri guadagni per dare una speranza”. Ma al di là di questo oggi ci si sono tanti di quei fondi che non vengono spesi, basta attivarsi. Certamente non sarà questa legge a fare fallire la Regione. Anzi, questa legge può rimettere in moto l’economia. Perchè se un cittadino oggi non guadagna non può spendere. Spendere significa andare dal panettiere o dal giornalaio, far sì che anche questi a loro volta possano spendere. E così via. Sembra un ragionamento banale ma è profondamente vero».

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