PALERMO. Il pilone del viadotto Himera che crolla, i centri abitati che restano isolati del tutto o quasi, le strade che la sicurezza neppure sanno dove stia di casa. Davanti ad una Sicilia fisicamente divisa in due, dopo il recente crollo lungo la A29, è la mappa della (pericolosa e pericolante) viabilità isolana a rimettere insieme le province: nessuna delle nove è risparmiata da smottamenti, frane, fossi, voragini e avvallamenti.
La parola «emergenza» è il minimo comune denominatore. Al punto che la Protezione civile siciliana ha stilato un vero e proprio «censimento dei danni» (in queste ore ancora in corso di aggiornamento, ndr) che - tra interventi di somma urgenza fatti e da realizzare, opere strutturali e servizi di assistenza alla popolazione - fa stimare costi pari a circa 650 milioni di euro. «Siamo in piena emergenza viabilità - dichiara Calogero Foti, dirigente generale del dipartimento Protezione civile della Regione Siciliana -, a rischio c’è il diritto alla salute dei cittadini, inteso in senso ampio». Dei 650 milioni di euro, sono «circa 300 milioni quelli necessari per le spese complessive di prima emergenza», sottolinea Foti.
Sempre della somma totale, 200 milioni servirebbero per rimettere in sesto soltanto le strade di «cinquanta Comuni del Palermitano, ben oltre la metà delle realtà presenti nel territorio del capoluogo isolano - conclude il dirigente -. In Sicilia, però, grossi interventi sono necessari anche nelle aree di Caltanissetta, Enna e Messina, quest’ultima provincia-regina in termini di dissesto idrogeologico. Ancora, una buona frangia di investimenti serve per l’agrigentino e ci sono problemi anche nella provincia di Catania. In secondo piano, seppur non risparmiate, le zone di Trapani, Siracusa e Ragusa». Insomma, un bollettino da guerra che già lunedì dovrebbe arrivare sul tavolo della giunta del presidente Crocetta, per essere inserito poi nella nuova delibera in cui Palazzo d’Orleans chiederà al Governo centrale di dichiarare lo stato di emergenza.
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