«Siamo disponibili a dialogare sui tagli e le azioni necessarie ad approvare questo bilancio, ma sul personale bisogna concordare tutto coi sindacati e discuterne all’Aran»: lo afferma Francesco Cascio, deputato regionale e coordinatore in Sicilia del Nuovo Centrodestra.
Per chiudere il bilancio serve un decisivo aiuto da Roma. La situazione finanziaria dell’Isola è difficilissima. Qual è la posizione del Nuovo centrodestra?
«Pensiamo che l’atteggiamento di Crocetta faccia tutto meno che favorire il dialogo con Roma. Questo governo è ormai in fortissima difficoltà eppure continua a mantenere un atteggiamento che non è per nulla distensivo verso chi dovrebbe salvare i conti della Sicilia. Sarebbe quindi opportuno concentrare tutte le energie politiche e parlamentari per trovare soluzioni col governo nazionale. Sappiamo che con le risorse della Regione non ce la possiamo fare, per cui è necessario che lo Stato ci venga incontro non solo dando risorse ma soprattutto concordando un piano di rientro. Siamo convinti che l’Isola non sia messa peggio di altre regioni italiane, come il Piemonte, che grazie alla politica sono riusciti a far quadrare i conti».
In ogni caso sono ormai inevitabili dei tagli alla spesa. Dove intervenire?
«Intanto non ci convince la politica sul personale portata avanti da questo governo. Che i regionali vadano quanto più equiparati ai dipendenti statali è giusto, ma è un’azione che va portata avanti gradualmente. I tagli sul personale vanno concordati con sindacati e Aran, non con un atteggiamento dittatoriale nei confronti dei lavoratori. Per noi è fondamentale un aspetto: non si possano mettere in pratica dei tagli su diritti acquisiti. Mi riferisco ad esempio ai pensionati che hanno già subito nel 2004 una riforma. Non si può intervenire ancora su questa platea che ha già perso una buona parte di privilegi. Cosa facciamo, undici anni dopo quell’accordo diciamo che non è valido e che bisogna tagliare ancora?».
Dove intervenire allora per ridurre la spesa?
«Pensiamo a tante altre voci in tema di personale. Invece di toccare quello regionale si pensi a ridurre o azzerare gli esterni negli uffici di gabinetto e i vari consulenti. Si parla tanto di contenimento dei costi ma voglio ricordare che Crocetta e i suoi assessori nominano in ogni gabinetto consulenti esterni e componenti dello staff come se negli uffici non ci fosse manodopera. E poi pensiamo alle società partecipate, non ci sembra che il piano di riforma sia incisivo come si era detto. Il piano del governo di riordino delle partecipate usa la logica di chi vuole cambiare tutto per non cambiare nulla. Si può intervenire poi nel comparto della sanità che da sola vale il 50 per cento della spesa regionale, ci sono ancora sprechi comprimibili».
Oltre ai tagli, le associazioni delle imprese chiedono interventi per lo sviluppo. Come agire?
«Le risorse ci sono, possono essere reperite a livello comunitario, ma serve progettualità. Non mi pare che tra i 35 assessori che Crocetta ha cambiato ci sia stata un’idea di sviluppo della terra, del turismo. Mai nessuna idea nel commercio, non c’è mai stata un’idea di sviluppo nel settore dei beni culturali, una prospettiva nei trasporti. Nonostante Confindustria sia al governo alle Attività produttive, nel settore non si sono state novità di rilievo. Il colmo è che in Aula abbiamo la riforma delle attività produttive che contiene ben 240 articoli. Pensiamo seriamente che una legge di riforma, che dovrebbe contrastare la burocrazia e semplificare le procedure, possa essere contenuta in una legge che ha 240 articoli?».
L’Aula ha affossato la riforma delle Province. Quale significato ha questo voto?
«Avevamo chiesto esattamente quello che si sta verificando, cioè di rinviare la discussione per due ragioni: primo per una questione di risorse, perché solo con la finanziaria approvata sapremo quanto ci sarà a disposizione. E poi per questione di merito, perché quella era una brutta legge che non cambiava nulla se non il nome delle Province e teneva fuori dalla riforma tutta la materia sul personale e gli oneri giuridici. Non si sapeva neanche che fine avrebbero fatto gli 8 mila dipendenti e nemmeno quelli delle partecipate. Politicamente l’esito del voto significa che il governo non ha la più maggioranza all’Ars e in un mondo normale si sarebbero già dimessi sia l’assessore sia il presidente della commissione Affari istituzionali».
Che ne sarà invece dei tagli agli enti locali come la riduzione dei gettoni di presenza e delle indennità degli amministratori?
«Sono convinto dell’esigenza di un ddl unico per allineare gli stipendi degli amministratori siciliani a quelli dei colleghi nazionali, ma di certo come principio non si può pensare di azzerare gli stipendi dei politici degli enti locali perché chi fa politica lo fa per missione ma ha diritto a un minimo di retribuzione. Credo che ai sindaci non debba essere tagliato neanche un euro perché sono i politici che si assumono le maggiori responsabilità, i maggiori rischi per il lavoro che svolgono. Al massimo possiamo valutare un taglio del 10 per cento, ma non di più. Anche perché i dati venuti fuori in questi giorni di analisi sui numeri sono sbagliati, ad esempio si è detto che un assessore di Godrano guadagna 2.500 euro e invece ne guadagna 500. Bisogna fare un ragionamento serio su dati reali».
Il centrodestra sembra essersi ricompattato contro Crocetta, è così?
«Siamo assolutamente uniti e devo dire che ci stiamo ricompattando proprio sulla volontà di mandare a casa Crocetta. Dove c’erano divisioni queste sono state saldate dalla negatività che sta rappresentando questo governo».
Eppure non molto tempo fa sembrava esserci una volontà di collaborare da parte dell’opposizione con Crocetta. Cosa è cambiato?
«Noi restiamo sempre disponibili a sederci a un tavolo per discutere e valutare i tagli da fare, non abbiamo alcuna volontà di fare ostruzionismo. Ma siamo convinti che Crocetta più resterà al governo più farà danno per cui dopo questa finanziaria bisognerà tornare al voto. Abbiamo sempre aperto al dialogo, ci siamo sempre messi a disposizione per discutere sulle riforme senza voler essere presenti in giunta, ma la nostra volontà non è mai stata presa in considerazione».
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