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Parsi: «Molti Stati arabi finanziano il terrorismo islamico»

«Siamo di fronte a uno scontro sulla civiltà, più che tra civiltà. In fondo, il confronto-scontro con l'Occidente è una manifestazione esterna del violentissimo conflitto interno al mondo musulmano». Per Vittorio Emanuele Parsi, docente di Relazioni Internazionali alla «Cattolica» di Milano, il «Califfato dell'orrore» rappresenta appena un gigantesco bubbone, il segno più evidente di una crisi di coscienza e identità che dilania gli islamici. Non soltanto in Iraq e Siria, ma ovunque.

In Medioriente e Africa si moltiplicano i fronti di guerra. Siamo ormai a un punto di non ritorno per la sicurezza mondiale?

«Siamo a un tornante decisivo. Abbiamo una diffusione di insicurezza e una sua accresciuta veemenza. Bisogna agire con coraggio e determinazione».

A proposito di coraggio e determinazione. Dopo il dossier sui massacri dei bambini in Iraq e Siria, sarebbe stato troppo aspettarsi dall'Onu l'invio di una forza multinazionale nel cosiddetto Stato Islamico?

«Quello sta avvenendo in Medioriente non è soltanto il trionfo del male, ma il portato di una lunga crisi degenerativa che non è mai stata affrontata. Troppo diverse le spiegazioni delle cause, perché si possa arrivare a una missione internazionale. All'Onu potrebbe esserci accordo sul mettere fine alle barbarie dello Stato Islamico, ma non sulla lettura della crisi e dei suoi fattori».

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