Venerdì 22 Novembre 2024

Principato: «Distinguere vere e false intimidazioni»

TRAPANI. Nel Trapanese, approfittando della pressante influenza di Cosa Nostra, qualcuno avrebbe scelto di fingersi vittima della mafia, inventandosi intimidazioni. Il «gioco», inquietante sarebbe già sotto osservazione da parte dalla Procura distrettuale antimafia di Palermo che sta passando al setaccio tutti gli atti intimidatori denunciati negli ultimi mesi. Il numero maggiore di messaggi intimidatori ha riguardato Castelvetrano, città del boss latitante Matteo Messina Denaro. Sull’escalation degli attentati, il procuratore aggiunto di Palermo, Teresa Principato, dice: bisogna fare «le dovute distinzioni tra vere e false intimidazioni», aggiungendo che «la valutazione è al vaglio degli inquirenti». Sul delicatissimo tema, il magistrato, che coordina le inchieste di mafia in provincia di Trapani, mantiene il massimo riserbo. Ma oggi, dottoressa Principato, qual è il ruolo di Matteo Messina Denaro? «È il rappresentante provinciale di Trapani. A parte la difficoltà, dovuta alle regole di Cosa nostra, di assumere un ruolo apicale nella provincia di Palermo, considerata la sua provenienza da Trapani, ha comunque sempre rifiutato tale ruolo anche nei momenti di crisi di Cosa nostra palermitana, come hanno peraltro riferito anche i collaboratori più recenti». A cosa attribuite l’incremento delle intimidazioni? Nuova strategia oppure volontà di mostrare i muscoli in un periodo in cui il braccio armato ha subito gravi colpi dalle forze di polizia? «A parte le dovute distinzioni tra vere e false intimidazioni, la cui valutazione è al vaglio degli inquirenti, ritengo che una delle cose che più lo abbia colpito è stato l'arresto della sorella Patrizia, sua referente essenziale e, per di più, donna». Da anni si fa «terra bruciata» intorno alla primula rossa, ma il boss continua ad essere latitante. Quanto è fondata l’ipotesi che possa godere di coperture istituzionali? «Abbiamo sempre - e fondatamente - detto che il latitante gode dell’amicale contatto con politici e rappresentanti delle istituzioni. Tale dato, che emerge anche dai processi celebrati e dalle indagini in corso, è ormai scontato e rende ancor più difficile la sua cattura». Spesso vengono diffuse - specialmente in rete - notizie incontrollate sul personaggio Matteo Messina Denaro. Quanto c’è di vero, ad esempio, sul fatto che si sarebbe sottoposto ad una plastica facciale? «Nulla ci risulta al riguardo. Le notizie giornalistiche sul personaggio si rincorrono continuamente, ma quasi mai hanno fondamento». In un periodo in cui la società civile, i movimenti, le scuole, sono impegnati, costantemente in progetti per la diffusione della cultura della legalità, come spiega la nascita di siti internet che dipingono Messina Denaro, ma anche altri boss mafiosi, come dei miti? «Il latitante è tuttora un mito nella provincia di Trapani e gode del consenso della società civile, ad ogni livello. Ciò perché con la sua capacità di creare attività illecite è riuscito a dare lavoro a molti cittadini della provincia. Oggi, con la crisi che attanaglia tutto il Paese, tutto questo è molto più difficile: ed infatti sono molto più rare le scritte inneggianti a ”Matteo, abbiamo bisogno di soldi”. A ciò si aggiunga che i sempre più frequenti sequestri e le confische, che sono destinati ad intensificarsi nel tempo e che colpiscono non solo i familiari del latitante, ma anche le persone a lui vicine, rendono la vicinanza a Matteo Messina Denaro penalizzante, anziché vantaggiosa». Oltre a racket e appalti, quali sono gli altri interessi economici della mafia? Negli ultimi anni Cosa Nostra ha puntato l'attenzione verso altri comparti? «Cosa Nostra, soprattutto quella trapanese, che ha sempre avuto una spiccata vocazione imprenditoriale, concentra la sua attenzione su tutti i settori che si prospettano come remunerativi, cambiando con stupefacente rapidità metodi e referenti: tra gli ultimi investimenti, uno dei più ingenti è stato quello sulle energie alternative, in cui, pur essendo un settore relativamente nuovo, l'organizzazione non ha avuto difficoltà ad inserirsi».

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