Boko Haram non sembra più una pedina di secondo piano nei disegni dell'integralismo islamico che vede nei suoi miliziani uno strumento sempre più efficace per creare, nel cuore dell'Africa subsahariana, una struttura molto vicina al "califfato" di al Baghdadi in Iraq e in Siria.
Questo disegno passa per una azione transnazionale dell'organizzazione che, agendo nella massima libertà in Nigeria (come dimostrano la tragica stagione degli attentati e la tragica piaga dei sequestri di ragazzi e ragazze), può tranquillamente ammassare uomini, automezzi ed armamenti al confine occidentale con il Camerun, lanciando i suoi uomini in azioni che non sono affatto dimostrative. Come dimostrano la conquista, sia pure per un periodo di tempo limitato, di alcuni villaggi e persino di cittadine più grandi.
Il governo di Yaoundè, con bollettini trionfalistici e rassicuranti, sino ad oggi ha sempre sostenuto che le sue truppe hanno respinto gli attacchi, infliggendo pesanti perdite agli aggressori. Ma questa appare una verità parziale, dimostrando che le truppe camerunesi schierate al confine non hanno alcun effetto deterrente e che Boko Haram continuano a violarne le frontiere.
Il ''problema Boko Haram'' con il Camerun ha due diversi aspetti: quello militare che comunque trova una risposta sul campo, e quello strategico, perchè appare difficile comprendere quali siano gli obiettivi reali degli sconfinamenti e degli attacchi. Ma resta evidente che ormai i confini della Nigeria vanno stretti alla setta che agisce sempre più come soggetto politico-militare e non più come movimento confessionale.
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