GELA. «Il comportamento di Eni rischia di riportare la vertenza Gela allo scontro sociale». Lo scrivono le segreterie nazionali e territoriali di Filctem - Cgil, Femca - Cisl e Uiltec - Uil in un documento diffuso al termine di una riunione interna svoltasi oggi, a Roma, per fare il punto sulla situazione a un mese dalla firma dell'accordo sulle sorti della raffineria di Gela, raggiunto presso il ministero allo Sviluppo economico. In questi 30 giorni si sarebbero dovute avviare le attività di manutenzione per rimettere in marcia almeno una delle tre linee di produzione della raffineria. Invece, secondo i sindacati «si è registrato un totale immobilismo di Eni nell'attuazione delle decisioni concordate nel verbale di incontro sottoscritto presso il Mise il 31 luglio 2014». «Questo atteggiamento dell'azienda - denunciano i chimici di Cgil, Cisl e Uil - rischia di far fallire la mediazione che il ministro, Federica Guidi, e il viceministro, Claudio De Vincenti, hanno alla fine composto». Il timore delle organizzazioni sindacali è che si ritorni alle barricate, con i 3.500 dipendenti (tra diretto e indotto) a bloccare il petrolchimico in difesa dei posti di lavoro, da una parte, e dall'altra l'Eni che torna a prospettare la chiusura delle sue raffinerie per il crollo del mercato dei carburanti ma anche per strategie economiche del gruppo. Molta importanza viene attribuita dai sindacati ai risultati del prossimo incontro con l'Eni che avverrà a Roma il 3 settembre. Cgil, Cisl e Uil «indicheranno con precisione quali interventi devono essere fatti per consentire di dare attuazione ai contenuti dell'accordo». Un rifiuto aziendale scatenerebbe nuovi scioperi in autunno.