SERRADIFALCO. Botta e risposta tra l'ex assessore Totò Alaimo e il sindaco Giuseppe Maria Dacquì. A fare da tappeto il duro attacco sferrato al primo cittadino dal deputato regionale dell'Udc Gianluca Miccichè. E il "dominus" che ognuno dei due intravede dietro l'altro. Secondo Alaimo, non sarebbe Miccichè ad avere un "padrone" (che per il primo cittadino avrebbe commissionato al deputato regionale di attaccarlo), bensì Dacquì. Pur se questi continuerebbe a nascondersi, "denigrando il sindaco in pubblico e consigliandolo in privato", secondo Alaimo, la gente avrebbe compreso. L'ex assessore, quindi, concorda con Miccichè laddove il deputato regionale avrebbe sostenuto che "Dacquì ha trasformato Serradifalco da culla a tomba della politica e ha ridicolizzato la comunità con la vicenda dell'indennità, facendo diventare Serradifalco lo zimbello d'Italia". E spiega i motivi: «Poiché prima ha giurato di non prenderla, quando invece la percepiva di nascosto; quindi, ha esortato gli altri amministratori a rinunciarvi; infine, scoperto con le mani nel salvadanaio, si è scusato e assicurato che non l'avrebbe fatto più». Alaimo, poi, rimprovera a Dacquì di avere affidato consulenze legali esterne "per migliaia di euro, pur avendo a disposizione il legale convenzionato dell'Unione Terre di Collina" e di aver fatto perdere "almeno due milioni di euro al comune per la mitigazione ambientale cui aveva diritto per la compensazione dovuta dai disagi subiti dal territorio per il raddoppio della statale 640". Per il sindaco Dacquì, però, la reazione di Alaimo sarebbe stata prevedibile. «Poiché il "dominus" cui mi riferivo - dichiara - è quello che egli cerca di difendere». In quanto ai lavori sulla 640, secondo il primo cittadino l'ex assessore blefferebbe. «Le misure compensative - afferma - a favore dei comuni sono state fissate dal Cipe nel 2009, a seguito di un'attività istruttoria svolta qualche anno prima, quando Alaimo era amministratore comunale. Al comune fu chiesto di comunicare le eventuali interferenze funzionali con il territorio causate dai lavori di raddoppio, gli amministratori dell'epoca, però, se ne disinteressarono». In quanto all'indennità di carica, il sindaco denuncia un presunto tentativo di Miccichè e di Alaimo di "demonizzare un comportamento legittimo e lecito". Per Dacquì, però, "è inutile cercare di cancellare la sensibilità mostrata dal primo cittadino nel non aver percepito l'indennità di carica per 130 mila euro, sui 140 cui aveva diritto". Motivo per cui sfida Miccichè e Alaimo "a dimostrare che anche loro, da assessori provinciali, abbiano fatto altrettanto".
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