CALTANISSETTA. Una condanna all'ergastolo, due per associazione mafiosa ed altre due per possesso illegale di armi. Si è chiuso così il processo d'appello per gli agguati di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta, in cui fu ucciso il boss Totò Calì, titolare di un'agenzia di pompe funebri, mentre ad un altro attentato scampò il cugino di questi, Stefano Mosca. La Corte d'Assise d'Appello di Caltanissetta ha condannato all'ergastolo il sancataldese Cosimo Di Forte, ritenuto responsabile di avere pianificato l'omicidio Calì nel dicembre 2008 ed il tentato omicidio Mosca nel novembre 2009 ed accusato anche di associazione mafiosa. Gli agguati sarebbero stati orditi da Diego Dino Calì (processato in abbreviato) per il controllo delle agenzie di pompe funebri a San Cataldo, attività in cui sono impegnati i vari componenti della su famiglia. Accanto alla «faida del caro estinto» si sarebbe sviluppata l'attività di una nuova cosca operante tra San Cataldo e Sommatino, capeggiata appunto da Di Forte e di cui avrebbero fatto parte Patrizio Calabrò di Sommatino, che si è visto ridurre la pena a 15 anni rispetto ai 16 anni e 6 mesi inflittigli in primo grado per associazione mafiosa. A 7 anni è stato condannato, sempre per mafia, Calogero Ferrara a cui la Corte ha riconosciuto le attenuanti generiche. Pene più lievi per i sommatinesi Angela Cianci e Giuseppe Taverna, a cui è stata confermata la condanna a 1 anno e 5 mesi ciascuno per porto illegale di armi da fuoco, mentre dalla stessa accusa è stata assolta Maria Indorato, pure lei di Sommatino. Confermata l'assoluzione dall'associazione mafiosa per Liborio Gianluca Pillitteri per il quale l'accusa era già stata riconvertita in proposito criminoso, non previsto dalla legge come reato, ma al quale è stata confermata la libertà vigilata per 2 anni.