CALTANISSETTA. Chiusa l’inchiesta sul sospetto maniaco sessuale seriale. Che negli anni ha già collezionato altre denunce e arresti, poi culminate in condanna, per violenza su ragazzine minorenni. E anche in questo caso la sua ultima disavventura giudiziaria è legata ad un episodio analogo.
Il dossier appena concluso è a carico del trentenne Liborio Cristian Scarlata (difeso dall’avvocato Massimiliano Bellini) che nel giugno di un anno fa è stato arrestato dalla polizia per violenza sessuale ai danni di minori. Poi il tribunale del riesame lo ha rimesso in libertà.
In questa nuova parentesi è accusato di avere seguito e poi palpeggiato una ragazzina nell’androne di un palazzo, dopo averle tirato giù i jeans che indossava. Secondo un copione, per lui, già visto.
Sullo sfondo v’è una curiosità che ha caratterizzato il fascicolo appena chiuso. Già perchè l’indagine, in precedenza, è già passata per l’incidente probatorio che s’è concretizzato con l’audizione protetta della stessa tredicenne bersaglio delle sospette violenze. Ma la procura, nel cambio di testimone tra sostituti nella titolarità degli incartamenti, aveva chiesto un incidente probatorio ”bis”. Prassi assai inusuale. Tant’è che non è stato più effettuato. L’adolescente, in quel primo esame, protetta da un vetro dietro al quale gli altri non potevano vederla, ha riconosciuto senza esitazione Liborio Scarlata indicandolo fra altri quattro persone sistemate dall’altra parte del vetro stesso. Così com’era già accaduto attraverso le foto segnaletiche che le erano state mostrate in questura nel momento in cui s’è presentata lì con la madre per sporgere una denuncia.
Successivamente, il «Riesame» sulla base di indagini difensive curate dallo stesso avvocato Bellini, ha rimesso in libertà il sospettato. In quella circostanza sarebbero emerse divergenze tra la descrizione fornita dalla stessa ragazzina ed altri elementi oggettivi. A cominciare dall’auto utilizzata dal presunto maniaco che, la giovane, ha indicato in una Fiat Cinquecento di colore nero. Mezzo di tipo e colore di cui né Scarlata, né i suoi familiari disporrebbero. Ma v’è dell’altro. Una sorta di esame antropometrico tra alcune immagini girate da una telecamera di sorveglianza e le caratteristiche fisiche dello stesso indagato. E quella figura immortalata nelle immagini non sembrerebbe coincidere con i tratti del sospettato. Questa la tesi della difesa. Intanto il sostituto procuratore Sofia Scapellato ha chiuso l’inchiesta.