CALTANISSETTA. Uno risponde e altri, per la maggior parte, preferiscono tacere. Differenti strategie difensive per gli ultimi interrogatori legati alla maxi inchiesta antiassenteismo al Comune. Che ha fatto scattare l'inchiesta per 45 dipendenti di ufficio tecnico e polizia municipale: per 20 di loro sono stati chiesti gli arresti domiciliari in regime di custodia cautelare, per altri 16 la sospensione dal servizio, nessun provvedimento, invece, per i restanti 9. Questo il quadro prospettato al giudice dal sostituto procuratore Santo Di Stefano.
E ieri in sette si sono presentati al cospetto del giudice per le indagini preliminari Alessandra Giunta. Tutti agenti di polizia municipale. Cinque di loro erano difesi dall'avvocato Sergio Iacona, uno dall'avvocato Maria Teresa Consaga e un settimo dall'avvocato Daniele Osnato. Tutti, ad eccezione dell'ultimo, hanno scelto la via del silenzio. E al gip, appena il tempo di sedersi, hanno subito spiegato di volersi avvalere della facoltà di non rispondere. Bocce cucite per sei di loro, ma non un ultimo vigile urbano che, invece, ha adottato una differente linea difensiva. E al giudice, passo dopo passo ha chiarito ogni contestazione mossa a suo carico dalla procura, legata in particolare a un permesso che non sarebbe stato chiesto il 2 febbraio del 2013. Spiegando, punto su punto, quali siano le sue ragioni. E con la sua "verità" si è chiuso ieri il ciclo degli interrogatori che, sviluppandosi in quattro tranche, s'è aperto un paio di settimane addietro.
Il quadro che ne è venuto fuori è stato variegato. Molti hanno respinto le accuse, altri lo hanno definito come una sorta di equivoco e tanti, in questa fase delle indagini, hanno preferito non esporre alcuna loro tesi. Adesso la parola passa al giudice che dovrà vagliare le richieste dell'accusa. Perché sulla base della nuova normativa in tema di reati contro la pubblica amministrazione, nota come decreto Brunetta, lo stesso gip ha disposto il giro d'interrogatori di garanzia nei confronti degli stessi indagati. Soltanto alla luce di questa nuova fase, adesso, deciderà su quelle che sono le richieste della procura per l'applicazione di misure cautelari ai domiciliari e sospensioni dal servizio. Un nodo che adesso il gip Giunta è chiamata a sciogliere.
Così da lasciare con il fiato sospeso almeno 36 dei 45 indagati, a carico dei quali la magistratura ha ipotizzato i reati, a vario titolo, di truffa in concorso in danno della pubblica amministrazione e falsa attestazione della presenza in servizio commessa da pubblico dipendente. Un ventaglio d'imputazioni - quelle al centro del dossier - che hanno preso le mosse da un'indagine dei carabinieri che s'è sviluppata nell'arco temporale compreso tra la fine del 2012 e gli inizi dell'anno successivo. In questo lasso di tempo telecamere nascoste dei carabinieri avrebbero filmato gli episodi "incriminati" che poi hanno alimentato il dossier. Perlopiù passaggi di badge magnetico da un dipendente all'altro, così da timbrare per altri agli orari di entrata o di uscita dagli uffici. A turno, secondo la tesi accusatoria, si sarebbero "coperti" vicendevolmente. Anche giorni di ferie e permessi sarebbero scivolati via senza essere registrati. Questo lo scenario globale tracciato da magistrati e carabinieri durante le indagini. Ora tocca al giudice pronunciarsi.
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