CAMPOFRANCO. Torna alla sbarra la «mafia del Vallone». Com’è stata ribattezzata dall’accusa. Ma è solo una piccola parte di essa, quella chiamata ancora una volta sul banco degli imputati per il processo d’appello. Quattro in tutto, a fronte di una trentina di coinvolti nel maxi blitz dei carabinieri «Grande Vallone» scattato nell’aprile di tre anni fa. Ma le loro strade hanno poi imboccato direzioni differenti per via delle diverse scelte processuali, tra ”abbreviati” e patteggiamenti. I quattro che adesso tornano in aula, per la parentesi d’appello, sono stati giudicati in primo grado con il rito ordinario.
Nuovo processo - seguendo un ordine secondo entità della pena - per Salvatore "Caterino" Termini che ha rimediato 12 anni di carcere per mafia (a fronte di una richieste del pm di 15 anni); Cosimo Caltabellotta, titolare del motel «La Fazenda» di Campofranco che si è visto comminare 7 anni, con la concessione delle attenuanti generiche con la concessione delle attenuanti generiche, anch'egli per mafia; Edmondo Belardo sul quel pendono un anno e 3 mesi (contro due anni e mezzo sollecitati dall’accusa) per truffa con i videopoker.
Con loro anche l’unico assolto al termine del precedente dibattimento, il campofranchese Salvatore Gianluca Modica tirato in ballo per favoreggiamento. La procura non ha digerito il verdetto e, impugnandolo, ha aperto le porte a una nuova parentesi.
Al cospetto del tribunale in primo grado v’era pure il collaboratore di giustizia, anche lui campofranchese, Maurizio Carrubba, condannato a 4 anni per mafia con in più la concessione delle attenuati generiche e il riconoscimento dei benefici per il suo status di collaborante. E non ha presentato appello.
Ora come allora, nei loro confronti saranno parte civile la Provincia e l’associazione nazionale costruttori edili (assistiti dagli avvocati Giuseppe Panepinto ed Ornella Crapanzano), a cui il Collegio giudicante ha riconosciuto il diritto a un risarcimento dei danni.
I quattro imputati che vanno in appello - adesso assistiti dagli avvocati Giuseppe Dacquì (per Caltabellotta), Emanuele Limuti (per Modica), Calogero Li Calzi (per Termini) e Antonio Lo Iacono (per Belardo) - sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, favoreggiamento e truffa con i videopoker. Su loro, sullo scenario complessivo al centro dell’inchiesta ed i presunti ruoli dei coinvolti, si sono soffermati in passato diversi collaboratori di giustizia agrigentini e nisseni.