GELA. Proseguono per il secondo giorno consecutivo, a Gela, i blocchi alle vie di accesso al petrolchimico da parte dei lavoratori delle imprese dell'indotto che protestano contro il licenziamento di un centinaio di dipendenti per mancanza di commesse. Altri lavoratori, scaduta la cassa integrazione, temono la stessa sorte. Nello stabilimento dell'Eni non entra e non esce nessuno. Ieri, il personale del turno di notte, addetto alla conduzione degli impianti, è rimasto in servizio per 24 ore perchè non ha ricevuto il cambio, nè la mattina nè il pomeriggio. Solo alle 21 di ieri sera, con l'intervento della polizia che li ha scortati, è stato possibile fare transitare alcuni pullman con i lavoratori turnisti che sono andati a dare il cambio ai colleghi. Continuano a restare fuori i «giornalieri» Eni. Preoccupati per la situazione di estrema precarietà che si è venuta a determinare, i vertici della raffineria si sono rivolti già ieri al prefetto di Caltanissetta, Carmine Valente, che ha convocato urgentemente aziende e sindacati. Un primo incontro tra le parti ha permesso di congelare i licenziamenti per dare un segnale positivo alla folla dei dimostranti che presidiano gli accessi al petrolchimico. In gioco c'è il futuro non solo dell'indotto ma dell'intera raffineria di Gela, dove non riescono a decollare i nuovi appalti. L'Eni, infatti, conferma l'investimento di 700 milioni di euro programmati per la riconversione degli assetti produttivi, ma chiede certezze urgenti al governo centrale che si deve pronunciare ancora sulle restrizioni Aia, ai limiti di emissione di sostanze inquinanti come l'anidride solforosa. I tempi sono ristretti. Ulteriori ritardi potrebbero compromettere la validità dell'intero progetto, con gravi ripercussioni sugli assetti produttivi e occupazionali del sito industriale.
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