SERRADIFALCO. Si allarga la rottura tra la giunta comunale e il Pd all'indomani della decisione del partito di ritirare la sua delegazione dalla giunta e di passare all'opposizione in consiglio comunale. A essere usato come un cuneo è l'ex assessore Totò Alaimo. A incunearlo nello spacco, invece, sono il sindaco Giuseppe Maria Dacquì e l'assessore Pasquale Lalumia. Con due diversi interventi.
"Non si può concludere l'esperienza amministrativa troncandola - afferma il primo cittadino -. Se vi sono nuove logiche, nuove alleanze politiche, per cui qualcuno, per opportunismo, ha deciso di fare un passo indietro per prendere la rincorsa e prepararsi alle nuove elezioni, lo faccia. Dimostrerà poco senso di responsabilità, alla gestione della cosa pubblica, e adotterà un atteggiamento di pura convenienza, abbandonando l'amministrazione comunale. Che, invece, continuerà la sua attività serenamente e seriamente". Il sindaco Dacquì, quindi, legge così la svolta del Partito democratico: "Più che il divorzio dall'amministrazione comunale, hanno ufficializzato le prossime imminenti nozze col geometra Totò Alaimo. Con chi, cioè, fin dall'inizio di questo progetto politico, è stato il suo principale avversario. La scintilla dell'amore è scoppiata e ne è nato un sodalizio. Si tratta però di un rapporto incestuoso. Non si capisce, comunque, se sia stato Alaimo a chiedere e ottenere la tessera del Pd, oppure se ci sono stati alcuni che si sono tesserati al suo studio tecnico".
L'attacco dell'assessore Lalumia, invece, giunge come replica a quanto già sostenuto da Alaimo. Che due assessori, cioè, sarebbero rimasti al fianco del sindaco "per proprio tornaconto". Lalumia innanzitutto chiarisce: "Uno scopo, è vero, l'ho: l'amore disinteressato per la città in cui vivo. In nome di quest'amore disinteressato, cerco di evitare, quanto più possibile, che certi personaggi entrino nel palazzo comunale per curare e realizzare i loro affari, in danno della collettività". Poi l'assessore attacca il Partito democratico. Afferma Lalumia: "Quando nel Pd si era creata una nuova dirigenza, con volti giovani e apparentemente appassionati, mi era venuta una mezza idea di chiedere la tessera. Col senno di poi, devo dire che è stato meglio non prenderla. Vedere certi personaggi seduti, ora, dentro una gloriosa e storica sezione, frutto del sacrificio di tanti vecchi compagni, onesti lavoratori, che hanno dato del proprio sudore e del proprio sangue per realizzare quella sede in nome dei propri ideali politici, sicuramente mi avrebbe fatto troppo male. Lo stesso male che avrebbero avuto o che hanno di certo i vecchi militanti del Pci. Molti di loro se fossero tornati, avrebbero avuto la stessa reazione avuta da Gesù con i mercanti nel tempio".