NISCEMI. Un delitto d'onore scoperto dopo 14 anni grazie alla caparbietà di un padre che non si era mai rassegnato all'uccisione del figlio. È questo il canovaccio di un'incredibile storia, ambientata nel cuore della Sicilia, che sembra riportarci indietro nel tempo. In cella sono finiti due fratelli di Niscemi, Salvatore e Giuseppe Cilio, di 38 e 36 anni, arrestati dalla polizia perchè ritenuti rispettivamente mandante ed esecutore materiale dell'omicidio dell'idraulico, Orazio Sotti, 22 anni, un giovane incensurato che in paese aveva la fama di essere un «fimminaru» (un dongiovanni ndr), ucciso a Gela la sera del 23 dicembre del 2000 in quello che sembrava un agguato di stampo mafioso.
Gravi indizi di responsabilità penali sono emersi a loro carico, in seguito alle indagini riaperte a distanza di 14 anni per ordine della procura della Repubblica di Gela su richiesta del padre della vittima, Giuseppe Sotti, di 70 anni, che non ha mai creduto all'ipotesi della matrice mafiosa dell'omicidio. L'anziano uomo ha supplicato il procuratore, Lucia Lotti, di verificare se tra i tanti pentiti di mafia, che stavano collaborando con la giustizia, ce ne fosse qualcuno in grado di fornire qualche informazione sull'uccisione del figlio e sul movente. Verifica che ha indotto il magistrato a riaprire le indagini per le palesi lacune riscontrate nella prima inchiesta condotta dalle forze dell'ordine. Così, sono stati interrogati di nuovo i testi dell'epoca tra parenti e amici, apparsi subito inattendibili e perciò sottoposti, questa volta, a intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno fatto emergere il reale movente del delitto: quello passionale.
Salvatore e Giuseppe Cilio non avrebbero tollerato che l'affascinante idraulico potesse aver sedotto le loro ex fidanzate. La ritennero un'offesa all'onore talmente grave da vendicare col sangue. La pista sbagliata delle prime indagini e l'omertà di tanta gente che depistava gli inquirenti hanno fatto il resto. Così, mentre Salvatore era in carcere per altri reati, Giuseppe, su ordine dello stesso fratello, avrebbe raggiunto Sotti a Gela, l'antivigilia di Natale del 2000, e gli avrebbe sparato sei colpi di pistola semiautomatica Beretta al torace e uno in testa per far sembrare l'omicidio come un'esecuzione mafiosa. Ma dopo 14 anni magistratura e polizia ritengono adesso di avere fatto luce su quello che opportunamente hanno chiamato «Cold Case».
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