Giovedì 02 Maggio 2024

Con la sindrome di «Mngie» sin dalla nascita Niscemi, appello dei genitori

NISCEMI. Joele è un bel bambino di 10 mesi, biondo, dagli occhi azzurri. A vederlo sembra un bambino come tanti altri. Ma la sue breve esistenza è stata tormentata, sin dalla nascita prematura, da una terribile malattia, una delle più rare, per la quale ancora non ci sono cure certe. "La diagnosi - dice Annalisa Valenti Galesi, la mamma di Joele - è stata fatta a voce, ma mai per iscritto, da un medico dell'ospedale di Catania. Mi ha detto che si tratta della sindrome di Mngie, una malattia molto rara, a causa della quale il mio bambino può andare incontro alla morte". Annalisa è una giovane donna di 22 anni, madre di un altro figlio di 4 anni, sposata con Eduart Saliaj, un operaio albanese di 31 anni. La giovane e il marito vivono per questo bambino, sfortunato sin dalla nascita. "Appena nato - racconta Annalisa - Joele è stato messo in incubatrice, perché prematuro. La salute malferma del bambino si è subito manifestata. Joele, dopo 4 giorni di vita, ha avuto la febbre a 40 gradi. I guai sono venuti presto. Il piccolo ha cominciato a vomitare e ad avere frequenti scariche diarroiche. Dopo un mese, trascorso all'ospedale di Gela, dove nel corso di una crisi l'abbiamo battezzato in fretta e furia, ricovero mio figlio al Vittorio Emanuele di Catania". Anche qui una lunga degenza e la diagnosi solo "a voce" che il bambino soffre della malattia di Mngie. Annalisa ed Eduart, pur se poveri e disoccupati, incontrano persone che li mettono in contatto con il dottore Lorenzo Lupo, direttore sanitario dell'Asp 2 di Caltanissetta. Lupo prende a cuore il caso pietoso del piccolo Joele e interpella il professore Mario Romeo, del policlinico di Catania. Il luminare viene gratuitamente a Niscemi, visita il bambino e consiglia il ricovero presso l'ospedale Santo Bambino di Roma. Ma, a questo punto si presentano gli insormontabili problemi economici. Perché Annalisa, che faceva la badante, ma dopo la nascita di Joele ha dovuto lasciare il lavoro mentre il marito è disoccupato; fa il muratore o il contadino per qualche giorno alla settimana ma i pochi soldi che porta a casa servono a stento per sfamare la famiglia. Annalisa ed Eduart lanciano un appello: "Chi può ci aiuti a salvare Joele". "Non chiedo l'elemosina per me — continua con dignità la giovane mamma — ma un aiuto per portare a Roma il mio bambino e dargli una speranza di sopravvivenza".

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