SERRADIFALCO. La zona artigianale d'iniziativa pubblica stenta a nascere e la giunta comunale sollecita gli assegnatari di una dozzina di lotti a iniziare la costruzione dei capannoni. «Se non sono più intenzionati - anticipa il sindaco Giuseppe Maria Dacquì - siamo pronti a rivedere le condizioni di vendita, partendo dal prezzo, e a emanare un nuovo bando». Nel frattempo, l'organo esecutivo ha emanato precise direttive agli uffici perché definiscano il procedimento di vendita alle ditte assegnatarie dei lotti di contrada Banduto. La linea di condotta suggerita al Suap (Sportello unico delle attività produttive) è di «richiamare le ditte assegnatarie alla definizione della procedura di acquisto delle aree, pena la decadenza dal diritto acquisito». All'epoca fu deciso un «prezzo politico» di vendita. La speranza era di invogliare gli imprenditori a investire nella produzione e, di conseguenza, ad assumere mano d'opera. Il bando ebbe successo. E nel giugno del 2007, il responsabile del «Suap» stilò la graduatoria degli assegnatari dei lotti disponibili. Dopo circa sette anni, però, «la procedura - costata la giunta comunale - non è stata ultimata». Anche se, nel frattempo, è terminata, invece, e a sfavore del Comune, la procedura giudiziale con gli ex proprietari dei terreni per l'esproprio dell'area su cui sono stati ricavati i lotti. Dei capannoni, invece, nemmeno l'ombra. Da qui la denuncia, da parte dell'organo esecutivo, di una presunta «inerzia delle ditte assegnatarie». Le quali, sempre secondo la giunta, «a oggi non hanno definito la procedura di acquisto delle relative aree». La firma degli atti di vendita, invece, secondo sindaco e assessori, favorirebbe «lo sviluppo locale». La voglia della giunta comunale di imprimere un'accelerazione alla realizzazione degli insediamenti produttivi segue la delibera dello stesso organo esecutivo di intitolare a uno dei presidenti della Montecatini l'appena completato centro direzionale (destinato a ospitare gli uffici) della zona artigianale e a vittime della mafia le strade che la attraversano. E, soprattutto, la decisione della giunta di citare in giudizio la ditta nissena cui sono stati assegnati in affitto gli unici due capannoni della zona artigianale realizzati dal Comune. La quale, avvertendo la necessità di visionarli, dal giugno del 2009 avrebbe iniziato a usarli come deposito di merce, senza mai stipulare il contratto di affitto e, quindi, pagare il canone. Anche se avrebbe puntualmente prodotto e consegnato un «atto fideiussorio» di 17.256 euro, a garanzia dell'assegnazione dei fabbricati. Contestualmente, però, la ditta avrebbe anche richiesto, «in maniera informale, di potere visionare il fabbricato per valutare gli aspetti organizzativi del futuro insediamento ottenendo il favore di detenere le chiavi dell'immobile». Il presunto mancato introito che ne sarebbe derivato ammonterebbe complessivamente a settantamila euro circa. Già nel marzo dello scorso anno, però, la ditta sostiene che il presunto mancato riscontro alle segnalazioni d'infiltrazioni di acqua nei fabbricati, determinerebbe causa ostativa alla stipula del contratto.