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Droga, pestaggi e violenze: a Gela scoperto clan di spacciatori

Arrestati quattro giovani e un cinquantenne, tutti pregiudicati. Avrebbero riservato un duro trattamento dai clienti che non pagavano con puntualità

GELA. Gli agenti del commissariato di Polizia di Gela hanno eseguito cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip del tribunale su richiesta della Procura della Repubblica per tentata estorsione, rapina, ricettazione, danneggiamento seguito da incendio e spaccio di sostanze stupefacenti. Si tratta di quattro giovani e di un cinquantenne, tutti pregiudicati, componenti di una feroce organizzazione di spacciatori i quali avrebbero riservato un duro trattamento dai clienti che non pagavano con puntualità.
L'iniziale inchiesta antidroga, denominata 'Affari di famiglia' per i legami di parentela tra gli indagati, ha subito una svolta dopo il ritrovamento, in casa di uno degli arrestati, di un ciclomotore che risultava intestato ad un giovane al quale era stato sottratto con la forza per costringerlo, picchiandolo a sangue, a pagare un debito di 800 euro accumulato non da lui ma da un suo amico, resosi irreperibile, che aveva comprato dosi di marijuana a credito. La vittima non aveva mai denunciato nulla temendo ritorsioni. E mentre gli investigatori stavano accertando questi fatti, la banda di trafficanti ha bruciato il motorino e con spavalderia lo ha fatto ritrovare a poco distanza dal commissariato di Polizia di Via Calogero Zucchetto.


PROCURATORE: "A GELA FORTE DISAGIO GIOVANILE". «Gli arresti della scorsa notte confermano la difficile realtà sociale e il profondo disagio in cui versano le fasce giovanili di Gela». Lo ha detto il procuratore di Gela Lucia Lotti, intervenendo nella conferenza stampa dell'operazione «affari di famiglia» che ha portato in carcere quattro giovani e un uomo di 50 anni che farebbero parte di una banda di spacciatori di droga. «Noi possiamo arrestare chi viola la legge, impegnarci per garantire la legalità ma non possiamo risolvere i problemi sociali- ha aggiunto il magistrato - Spetta alle istituzioni intervenire. Non si può far finta che il problema non esista nè lo si può scaricare alla magistratura e alle forze dell'ordine». Il dirigente del commissariato di polizia, Francesco Marino, che ha coordinato l'operazione ha paragonato la banda dei gelesi sgominata al gruppo criminale del film «arancia meccanica» per la crudeltà e l'efferatezza delle sue azioni punitive verso chi non pagava i debiti accumulati con l'acquisto di marijuana. I traffici erano in mano a Salvatore Morello, 50 anni, ex pentito di mafia, e ai suoi figli Giovanni e Klisman Rinzivillo, che avevano assunto il nome della madre quando il padre collaborava con la giustizia. «La scelta di questi criminali di bruciare il ciclomotore sottratto a una delle loro vittime e poi di abbandonarlo vicino al commissariato - ha detto, Marino - va letta come una ulteriore minaccia al proprietario (già sequestrato, portato nel quartiere Bronx di Scavone e picchiato a sangue) e una sfida alla polizia». Secondo il dirigente del commissariato «il giro d'affari mensile dei cinque spacciatori ammontava a svariate decine di migliaia di euro». Determinante per il buon esito dell'inchiesta la collaborazione fornita dalla vittima delle violenze del gruppo, un ragazzo poco più che ventenne.

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