CALTANISSETTA. Undici i medici alla sbarra per la morte di un automobilista. E con loro, sul banco degli imputati, va anche un autotrasportatore al centro dell'incidente fatale che nel maggio di quattro anni fa è costato la vita del cinquantottenne Giuseppe Cavaleri, cognato del procuratore aggiunto di Agrigento, Ignazio Fonzo. È lungo la statale 640, in contrada Grottarossa in particolare, che s'è verificata l'ennesima tragedia della strada che una diecina di giorni dopo ha provocato la morte dell'automobilista di Naro. E per presunte «leggerezze» nell'assistenza offerta al paziente in quei giorni di degenza al «Sant'Elia», ora sono chiamati in tribunale i neurochirurghi Angelo Spitale, Nicola Alberio, Antonio Morabito, Giovanni Cinquemani, (difesi dall'avvocato Giacomo Butera), i medici di rianimazione Salvatore Ferrigno, Francesco Raia, Carmelo Angelone, Giuseppe Manta, Cataldo Naro, Concetta Cardamone, Rita D'Ippolito e Rosalba Parla (assistiti dagli avvocati Michele Micalizzi e Francesco Augello). Con loro pure il camionista cinquantasettenne Barbaro Fusto originario di Paternò. Sono tutti chiamati a rispondere di omicidio colposo. Mentre i familiari della vittima (assistiti dall'avvocato Angela Porcello) saranno parte civile in dibattimento. Il procedimento che va ad aprirsi ruota attorno all'odissea dell'automobilista agrigentino che quella mattina del 4 maggio 2009 al volante della sua Bmw stava viaggiando lungo la statale Agrigento-Caltanissetta in direzione del capoluogo nisseno. All'uscita di una curva il rimorchio dell'autoarticolato di una ditta di trasporti, allora «Bartolini», ha urtato l'ammiraglia di Cavaleri. L'impatto è stato assai violento e la Bmw è finita fuori strada. L'automobilista, rimasto gravemente ferito, è stato immediatamente trasferito al «Sant'Elia». E lì è stato affidato alle cure del reparto di rianimazione. In quel frangente il nome dell'autotrasportatore è finito nel registro degli indagati per lesioni gravi colpose. In quei giorni la vita del ferito è rimasta appena a un filo. Sempre più sottile. Che s'è spezzato undici giorni dopo, esattamente il 15 maggio successivo, quando il suo cuore s'è fermato per sempre. Dal punto di vista giudiziario la posizione di Fusto s'è subito aggravata. Ma l'inchiesta, come in una sorta di effetto domino, ha poi inghiottito anche i medici che in quei giorni hanno prestato assistenza all'automobilista. E la procura, nella fase delle indagini preliminari, ha poi incaricato gli esperti, Antonio De Santis e Gaetano Guercio, affidando loro il compito di valutare l'operato dei medici. Alla fine, secondo la tesi accusatoria, sarebbero emersi coni d'ombra.
Morì in ospedale dopo incidente: undici medici chiamati alla sbarra
Neurochirurghi e sanitari del reparto di rianimazione a giudizio insieme a un autotrasportatore coinvolto nello scontro fatale
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