GELA. È scattata l’emergenza per il prossimo futuro della diga Comunelli. Un sopralluogo effettuato dagli operatori dell’assessorato regionale dell’energia, infatti, ha messo in luce lacune sempre maggiori: adesso, il vero dilemma riguarda la tenuta di una parte della struttura. I tecnici regionali hanno individuato diversi punti di frattura soprattutto lungo il muro di tenuta. Il pericolo, quindi, è tutt’altro che trascurabile. L’intervento degli operatori ha fatto seguito ad alcune segnalazioni inoltrare direttamente a Palermo. Il cedimento definitivo del muro di tenuta, infatti, genererebbe conseguenze difficili da ipotizzare. Nella relazione stilata, vengono elencate anche altre criticità. In ogni caso, l’intero sistema dell’invaso Comunelli necessiterebbe d’interventi immediati. Così, nei prossimi giorni, dovrebbe già attivarsi un tavolo di confronto proprio tra le stanze dell’assessorato. Tra i primi ad essere avvertiti, anche il capogruppo del Partito Democratico in consiglio comunale Enrico Vella. E’ stato proprio l’esponente del Pd a richiedere l’avvio delle consultazioni a Palermo: facendo leva sull’incarico appena assegnatogli dal nuovo presidente della regione. La visita alla diga non sembra aver lascito spazio ad altre soluzioni. Le fratture riscontrate lungo la parete di tenuta devono essere bloccate. Quindi, non si esclude neanche l’ipotesi del totale svuotamento dell’invaso: allo scopo di facilitare i necessari interventi. Nella relazione stilata dai tecnici, in ogni caso quello della tenuta della diga è solo uno dei problemi. Lo scarico di fondo continua a rimanere intasato. In sostanza, la fuoriuscita dell’acqua non è assolutamente garantita. A risentirne, sono i tanti agricoltori della zona che, almeno sulla carta, dovrebbero ricevere le forniture d’acqua necessarie alla coltivazione proprio dall’invaso Comunelli. Così, un gruppo di operatori del settore ha deciso d’interessarsi all’intera questione: fra loro, anche Franco Cassarino. Per mettere una pezza al rischio di tenuta statica della diga, però, servono fondi. Una prima stima, fa riferimento ad interventi per almeno sette milioni di euro. Una cifra notevole che, soprattutto in questa fase, non sembra così facile da ottenere. Nei prossimi giorni, comunque, si svolgeranno i primi incontri a livello regionale. In ballo, infatti, c’è anche la sicurezza dell’intera zona: si vogliono evitare crolli che metterebbero ancor più in crisi un sistema, già fortemente segnato. Adesso, la parola passa ai funzionari dell’assessorato regionale dell’energia che, da alcuni anni, si occupano della gestione dell’invaso. In attesa, così, rimangono almeno seicento aziende della zona che, pur di sopravvivere, utilizzano forniture idriche assicurate da autobotti private: quindi, gravando ulteriormente sulle loro risorse economiche.