CALTANISSETTA. Truffa a società finanziarie con documenti falsi. È il quadro accusatorio che oggi spingere a sedere sul banco degli imputati Giuseppe Dall'Asta e Giuseppe Bruno (difesi dagli avvocati Dino Milazzo e Walter Tesauro) per difendersi dalle ipotesi di truffa, falso e ricettazione.
Imputazioni che affondano le radici un una costola della maxi inchiesta «Identità» della Squadra mobile incentrata su un giro milionario di raggiri che sarebbero stati compiuti ai danni di società finanziarie, ricorrendo a fidi ottenuti con documenti indentificativi contraffatti. Il procedimento principale s’è già chiuso con diverse condanne.
In questo caso il procedimento a carico dei due è legato a un paio di episodi, relativi a compravendite di auto, che avrebbero coinvolto gli stessi imputati, alternativamente con un terzo complice che ha già chiuso il suo con la giustizia attraverso il patteggiamento della pena.
Quest’ultimo – ora chiamato a testimoniare - ha fornito un consistente contributo sia all’indagine «madre» che alle altre satellite che ne sono derivate, ammettendo le sue responsabilità e chiarendo agli inquirenti diversi passaggi di una lunghissima sfilza di episodi.
In realtà una delle presunte vittime d’imbroglio al centro di questo procedimento ha in qualche modo scagliato una pietra in favore di Dall’Asta, asserendo che lo aveva messo in guardia raccomandandogli di non sborsare quattrini se non ad affare regolarmente chiuso. Fatti, quelli oggi al vaglio del giudice del tribunale del capoluogo, Walter Turturici, che risalgono a diversi anni addietro. VI.F.
"Truffe sui prestiti per le auto": due a giudizio col rito ordinario
L’inchiesta «Identità» fece luce su una serie di raggiri ai danni di società finanziarie
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