Venerdì 27 Dicembre 2024

Frana di via Gori, condannato l’amministratore del palazzo

CALTANISSETTA. Un anno e quattro mesi per omicidio colposo plurimo e disastro colposo. E la condanna inflitta ieri in appello all'amministratore del palazzo di via Eber, Nicola Cocca, per la frana killer di via Gori, che il 28 gennaio di quattro anni fa ha travolto e ucciso l’imprenditore trentacinquenne Santo Notarrigo e il diciannovenne Felice Baldi. Cocca è stato l’unico di un lotto di sei imputati che in primo grado (venen condannato ad un anno e dieci mesi) ha optato per il rito abbreviato per cui la sua posizione, dal punto di vista processuale, s’è scissa dalle altre, ovvero funzionari del Comune, imprenditori e un amministratore condominiale.
Così ieri ha deciso la corte d’Appello (presieduta da Letterio Aloisi) accogliendo le richieste del sostituto pg Fernando Asaro che, nella requisitoria, ha posto l’accento «sulle responsabilità dell’imputato», chiedendo la condanna dello stesso Cocca (difeso dagli avvocati Emanuele Limuti e Boris Pastorello) e il rigetto del suo appello. Così come hanno chiesto le parti civili, ovvero Giovanni Baldi, Rosa Calì e Giusi Carmen Baldi (assistiti dagli avvocati Linda Sabbia e Nicolò Grillo) padre, madre e sorella di Felice Baldi e, ancora, la madre di Santo Notarrigo, Rosa Palma (assistita dall’avvocato Salvatore Pecoraro), le sorelle Maria Concetta e Calogera (assistite dall’avvocato Stefano Piovani), e l’Inail (assistita dall’avvocato Giuseppe Vella). E così è stato.
La difesa, di contro, sulla base della consulenza redatta dall’ingegnere Nicola Calogero Vassallo, che in tempi più recenti è tornato sul luogo della tragedia per effettuare un nuovo sopralluogo, ha chiesto l’assoluzione. Sì, perché tra le righe del rapporto sarebbe emerso che dal condominio di via Eber non è visibile il muro di sotto e, l’amministratore condominiale – sempre secondo la tesi dei suoi legali - non sarebbe stato allertato. Poi, per quanto concerne i lavori alle caditoie, ovvero gli interventi che l'imprenditore e l'operaio stavano effettuando al momento della disgrazia, anche questi avrebbero risentito dell'abbondante pioggia caduta allora, sostanzialmente fino al punto da rendere non evitabile il cedimento. Così s’è chiusa questa parentesi processuale, non l’ultima, per un incidente sul lavoro che quattro anni fa ha seminato morte. Quando l’imprenditore e il suo giovane operaio, che stavano effettuando quegli interventi in subappalto, sono stati travolti dal cedimento della collinetta mentre stavano lavorando con un piccolo bobcat. Sono stati sepolti da una valanga di fango e acqua. In tal quantità da rendere inutile ogni tentativo di soccorso. Quando sono stati estratti dall’inferno non v’era più nulla da fare. E da quel momento in poi s’è aperta la caccia alle responsabilità.

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