CALTANISSETTA. “Il mio secondo omicidio l’ho perpetrato a Niscemi in concorso con Franco La Cognata e un ragazzo, credo di nome Emanuele che successivamente è stato assassinato nel corso della cosiddetta strage di Gela”. E’ il racconto del collaboratore di giustizia Angelo Celona ai magistrati della Dda etena. Dichiarazioni che hanno permesso di far luce sull’omicidio di Roberto Bennici e sul tentato omicidio di Francesco Nanfaro. “Non so indicare il nome della vittima. Nel tardo pomeriggio di quel giorno c’eravamo riuniti in un covo sito nella zona di Acate e Niscemi numerosi esponenti del clan gelose e niscemese di “cosa nostra”.
Tra i presenti ricordo con certezza Giancarlo Giugno, Saro Cavallo, Rosario La Rossa, Totuccio Calcagno, un certo Salvatore cui mancavano alcune dita della mano (successivamente assassinato), Salvatore Argenti, Giovanni Passaro, Giuseppe Tasca, Pasquale Trubia, forse Emanuele Iozza ed altri soggetti che in questo momento non ricordo. Eravamo tutti armati. Lo scopo di quella riunione era di preparare l’assalto alla villa bunker dei fratelli Russo quale risposta all’attentato che aveva subito in quel periodo un esponente niscemese di “cosa nostra” che di professione faceva il medico dentista. Poiché quell’obiettivo iniziale di assaltare la villa dei Russo fu ritenuto piuttosto temerario dai presenti, si decise di ripiegare in una scorribanda che avremmo fatto a Niscemi uccidendo qualche alleato dei Russo che avessimo trovato. Arrivati a Niscemi i nostri complici entrarono in un bar del centro e usciti poco dopo ci descrissero una persona che stava giocando a carte all’interno del bar e che avremmo dovuto colpire. Io e La Cognata siamo entrati all’interno del bar che era molto affollato e sparando entrambi abbiamo colpito a morte la nostra vittima. Molti dei colpi li abbiamo sparato alle spalle della vittima”.