Gli sbarchi, i salvataggi e le morti in mare dei migranti catalizzano da anni l’attenzione pubblica, eppure non si riesce ad affermare un concetto quasi banale nella sua sostanziale semplicità: l’Italia ha assoluto bisogno di migranti regolari. Ultimo il Governatore della Banca d’Italia, sono davvero tante le Istituzioni, nazionali e sovranazionali, che continuano a ribadire la necessità per il nostro Paese di accogliere lavoratori stranieri regolari. Ad esempio, l'Istat segnala che l’Italia vive una fase di regressione demografica; senza l’apporto dei migranti, la popolazione attiva diminuirà ulteriormente, esponendo a seri pericoli il sistema pensionistico. La Confindustria, l’Organizzazione che rappresenta le imprese italiane, ha più volte ribadito che l’immigrazione regolare è essenziale per soddisfare il fabbisogno di manodopera delle attività manifatturiere.
Anche secondo l’Ocse l'immigrazione regolare è cruciale per la sostenibilità del sistema economico e previdenziale Italiani. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), dal canto suo, prevede che entro i prossimi 15 anni la popolazione italiana in età lavorativa possa diminuire di oltre 5 milioni di unità; da qui la necessità di un apporto significativo di migranti regolari.
Essendo parte in causa, è opportuno ricordare che, anche a giudizio della Commissione Europea, l'apporto dei migranti regolari rappresenti l'occasione per innalzare la competitività dei Paesi membri.
Negli ultimi dieci anni, conteggiando solo i casi realmente accertati, più di 30 mila migranti hanno perso la vita o sono scomparsi tentando di attraversare il Mediterraneo. Tuttavia, segnala il Dossier Statistico Immigrazione 2024 curato da Idos, «ogni volta che (in Italia) si riaccende il dibattito intorno alla legge 91/92 che disciplina l’attribuzione della cittadinanza, riemergono numerose proposte salvo, poi, risolversi in un nulla di fatto; e così la norma, pur considerata largamente inadeguata, vige intatta da 32 anni», a prescindere quindi dalle Maggioranze politiche che si sono succedute nei trascorsi decenni al Governo del Paese; è accaduto puntualmente anche nell’estate appena trascorsa.
Ius soli, ius culturae, ius scholae e ius Italiae sono alcune delle ipotesi che hanno movimentato lo scenario estivo italiano senza che, tuttavia, si intravedesse una soluzione condivisa. Eppure, basterebbe allungare lo sguardo alle modalità con le quali i Paesi europei disciplinano il riconoscimento della cittadinanza.
La Francia, ad esempio, adotta una combinazione di jus soli e jus sanguinis. Un bambino nato da genitori stranieri può acquisire la cittadinanza al compimento dei 18 anni, purché abbia vissuto nel Paese per almeno cinque anni consecutivi. Con la naturalizzazione, la cittadinanza può essere ottenuta anche dopo due anni per chi ha studiato in Francia o vi ha prestato servizio militare; la naturalizzazione è il processo tramite cui uno straniero acquisisce volontariamente la cittadinanza di un Paese diverso dal proprio, dopo aver soddisfatto determinati requisiti legali. Dal 2000, la Germania ha introdotto una forma limitata di ius soli; i bambini nati in Germania da genitori stranieri possono acquisire la cittadinanza tedesca se almeno uno dei genitori ha vissuto legalmente nel Paese per almeno otto anni e gode di un permesso di soggiorno permanente. La Spagna, invece, applica in prevalenza lo ius sanguinis, riconoscendo la cittadinanza ai figli di cittadini spagnoli. È anche possibile acquisire la cittadinanza per nascita sul suolo spagnolo ma solo in alcuni casi particolari, come ad esempio per i figli di apolidi. Il Regno Unito, dal canto suo, combina lo ius soli e lo ius sanguinis. I bambini nati nel Regno Unito acquisiscono la cittadinanza se almeno uno dei genitori è cittadino britannico o residente permanente.
In Italia, il principio prevalente per l’acquisizione della cittadinanza è lo ius sanguinis, ovvero la cittadinanza viene trasmessa principalmente dai genitori ai figli. Gli stranieri, comunque, possono avanzare richiesta se risiedono legalmente e continuativamente in Italia per un certo periodo di tempo; i requisiti di residenza variano a seconda della provenienza. Va ricordato, però, che le istanze sono esaminate dal Ministero dell'Interno e che la procedura può richiedere da uno a quattro anni per essere istruita.
In sostanza, la maggior parte dei Paesi europei combina lo jus sanguinis e lo jus soli, ma con modalità e requisiti differenti. In questo contesto l'Italia si distingue per un approccio più «burocratico», ferma restando la conclamata incapacità di pervenire, dopo oltre un trentennio, a una soluzione politica, oggi quanto mai urgente. Naturalmente, è anche necessario integrare i migranti per favorire la loro inclusione nel tessuto sociale ed economico; la mancanza di politiche adeguate potrebbe infatti generare situazioni di marginalizzazione e sfruttamento che annullerebbero gran parte dei benefici.
La foto è stata scattata alla Casbah di Mazara del Vallo, considerata un modello di integrazione: è tratta dal libro di fotografie e testi di Giovanni Franco e Nicola Cristaldi «Il canto della Casbah» (edizioni Libridine)
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