I migranti e l'accoglienza a parole: l’Europa è ferma, l’Italia agisca - Il commento
Cento milioni per la sicurezza delle frontiere, 150 milioni per puntellare un bilancio a serio rischio default, mezzo miliardo per investimenti su energia, commercio e giovani. E gli sbarchi erano improvvisamente calati. Un paio di mesi dopo, quell'accordo sottoscritto con gli emissari della Ue sembra essere stato buttato nel cestino dal governo tunisino. Che agli stessi diplomatici europei in missione ora chiude platealmente in faccia la porta del suo martoriato Paese. Nel frattempo, in meno di 72 ore una fiumana di oltre diecimila disgraziati sbarca sulle nostre coste, mettendo in ginocchio la povera Lampedusa. E in serio imbarazzo il nostro governo. Con la Lega che prima accenna a un distinguo, per voce del suo numero due Andrea Crippa («La via diplomatica non paga) e poi affonda il colpo con Matteo Salvini. Il quale «approda» in Sicilia per l'ennesima udienza del processo Open Arms e prova a gonfiare i muscoli: ipotizza l'uso della Marina militare nel Canale di Sicilia e se la prende contro i voltafaccia di Parigi e Berlino. Ne ha soprattutto per i tedeschi, arrivando a dire che le istituzioni germaniche pagherebbero le Ong per portare migranti in Italia. Solo teorie complottiste dell'ala più intransigente di un governo in chiara difficoltà oppure dietro c'è una precisa strategia politica? E se c'è, da parte di chi? Fra nove mesi si voterà per rinnovare le nostre rappresentanze europee e che sulla gestione dei flussi di migranti si giochi un'ampia fetta dei consensi elettorali non c’è il minimo dubbio. Basterebbe probabilmente solo questo per motivare i recenti irrigidimenti di Francia (al netto della parziale virata solidarista di ieri di Macron) e Germania sull'accoglienza di disperati in fuga dagli inferni africani. E basta certamente per indurre il Viminale a dare ascolto ai propri analisti, secondo cui non sarebbero solo una casuale contingenza i 126 mila sbarcati sulle coste italiane (pardon siciliane e calabresi...) dall'inizio dell'anno, contro i 24 mila in Spagna e i 20 mila in Grecia, Un esodo biblico con numeri che non si verificavano da anni. Almeno dal 2016-2017, quando il decreto Minniti e gli accordi con la Libia tamponarono l'emorragia umana. Oggi invece il fronte caldo è costituito dalla Tunisia, da dove arrivano almeno 85 mila dei suddetti 126 mila sbarcati sulle nostre coste. E quel memorandum firmato agli albori dell'estate a Tunisi appare vergato a matita su un vecchio papiro dissoltosi fra le onde del Mediterraneo, insieme a chissà quante vite disperate. È evidente che il governo italiano deve davvero cominciare a pensare di agire in qualche modo da solo, senza attendere soluzioni europee che più di Godot si aspettano e non arrivano. Anche perché non convengono a molti dei 27 Paesi della slabbratissima Unione a 12 stelle. Né basta la solita spedizione di prammatica di una delegazione di colletti bianchi a Lampedusa per guardare oggi ciò che tutto il mondo vede già da tempo. E a cui ieri il fato avverso ha voluto aggiungere anche il tragico destino dei due autisti favaresi. Il ministro Piantedosi dovrebbe lunedì presentarsi al tavolo dell'esecutivo con un nuovo pacchetto sicurezza. Che sia la Marina militare invocata da Salvini o chissà quale altra formula salvifica, è chiaro che non si può restare a guardare passivi. E ad accogliere indiscriminatamente. Anche perchè l'onere, in quest'ultimo caso, sembra ormai gravare in buona parte e in maniera insostenibile sul tessuto sociale locale, fiaccato e provato. A meno che non si pensi di risolvere il problema di migliaia di poveri cristi ammassati in un'isoletta allo stremo con un piatto di spaghetti generosamente offerto dalla ammirevole compassione del lampedusano di turno.