Il governo di Giorgia Meloni ha ottenuto la fiducia dal Parlamento, ha completato la squadra con i ruoli dei sottosegretari e ha definito gli altri adempimenti iniziali. È finalmente al lavoro. Si attenueranno, così, le congetture sulle intenzioni del nuovo governo e si baderà di più ai provvedimenti, o almeno si spera. È da quando Silvio Berlusconi fu costretto alle dimissioni da presidente del consiglio nel 2011, spinto dai mercati internazionali, dalle risatine della Merkel e Sarkozy, nonché dalla disastrosa gestione della crisi finanziaria del 2008, che l’Italia non ha un governo con un chiaro mandato elettorale. Nel frattempo si sono susseguiti una serie di governi istituzionali e di sbandate populiste, e il partito democratico si è trasformato in una specie di partito della Responsabilità, ossia in ciò che in un modo o nell’altro ha tentato di non fare deragliare il Paese.
Giorgia Meloni ha ottenuto una chiara investitura popolare grazie al suo programma elettorale e alla sua sagacia politica, ma soprattutto perché in tutto questo periodo è stata fuori dai giochi o, almeno, ha dato questa sensazione. Gli italiani si sono stancati di governi che non hanno deciso loro e hanno pescato l’unica che era ancora fuori dal recinto. Dopo una serie di «vaffa» al sistema, da Renzi «il rottamatore» a Beppe Grillo che voleva aprire il Parlamento come una scatola di sardine, fino al Papeete di Matteo Salvini, alla fine si sono ritrovati con super Mario al governo, proprio lui, il campione del sistema mondiale, ed hanno coltivato il sospetto che le élites trovano sempre il modo di fregarli.
Giorgia Meloni è l’ultima spiaggia: nel mercato dell’offerta politica non rimaneva altro. È una scelta di destra, certo, anche di estrema destra, ma è soprattutto una scelta «maleducata»: «Vediamo se finalmente fanno quello che diciamo noi (qualunque cosa sia) o se ci rifilano l’ennesima soluzione paternalistica».
Il governo di Giorgia Meloni ha una missione che si direbbe impossibile. Deve nello stesso tempo accontentare il desiderio di «maleducazione», che è più forte di quello di destra, e mostrarsi rassicurante con il «sistema». Per ora sembra soprattutto voler risultare rassicurante. Elargisce atlantismo ed europeismo a piene mani e appare rispettosa dei principali vincoli economici internazionali. «Eccellente!», dicono tutti coloro che ritengono che le discussioni sul ritorno del fascismo non siano tempestive e che ci sia altro sul tappeto. Ma, se nelle prossime settimane il governo si rivelasse un quasi-Draghi nella scrittura della manovra di bilancio e nella sua postura anti-russa, i «maleducati» si sentirebbero inevitabilmente traditi. Non basterà aver invocato la sovranità alimentare o la natalità nei nomi dei nuovi ministeri, né mostrarsi con la faccia cattiva con i migranti o con i ragazzi che protestano nelle università. È troppo poco e sa di nuova fregatura. Ma forse è il destino della politica italiana, come previsto prima delle elezioni dal giornale conservatore tedesco Süddeutsche Zeitung, secondo il quale gli italiani si sarebbero infatuati della Meloni per poi rimanerne inevitabilmente delusi, come fanno sempre, con la leggerezza di un peto (Furz). Sì, così i maleducati ora sembrano i tedeschi, ma la sfida che hanno lanciato agli italiani è reale.
Se non si tratta di una semplice infatuazione, non è facile immaginare che forma potrà avere l’equilibrio tra il mandato popolare «maleducato» ricevuto da Giorgia Meloni e le rassicurazioni che il sistema reclama, che finora hanno fatto saltare gli altri «maleducati» italiani ed europei, come è successo nelle scorse settimane anche a Liz Truss, la penultima premier britannica che si è permessa di presentare un Budget fortemente espansivo, ma a debito, ed è stata subito costretta alle dimissioni, affannosamente sostituita dal più rassicurante Rishi Sunak, il primo premier di origini indiane a Downing Street, il parossismo del sogno della Global Britain post-Brexit. Il problema è che da noi la premier Giorgia Meloni è l’ultima carta che gli italiani potevano pescare dall’ attuale mazzo. Dopo rischiamo di doverlo cambiare, il mazzo di carte.
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia