La lunga notte avrà magari portato consiglio e creato i prodromi per una (improbabile) fumata bianca, sulle basi di un complicatissima quadra. Al termine però di un’altra convulsa giornata in cui le terne fasulle passano e l’unica vera resta: Casini, Draghi, Mattarella. In rigoroso ordine alfabetico. Col primo che potrebbe salvaguardare gli attuali delicati equilibri politici. Il secondo che piace a tutti ma aprirebbe una voragine a Palazzo Chigi. E il terzo che bisognerebbe però andare a prelevare a forza e a furor di popolo nella sua nuova dimora romana. Salvo miracoli notturni, non se ne esce. Solo che da oggi l'ingestibile esercito dei 1009 potrebbe partorire pastrocchi ben peggiori dei voti burla a Rocco Siffredi, Alfonso Signorini o Terence Hill. Il diktat delle schede bianche ormai non regge più (672 lunedì, 527 martedì, 412 ieri), Guido Crosetto lanciato dalla Meloni raddoppia i voti a disposizione di FdI (114 su 63). E Mattarella sale fino a quota 125 (erano stati 16 lunedì, 39 martedì). Le segreterie stanno perdendo il controllo dei peones d'aula. Che, con la discesa del quorum alla metà più uno, cominciano ad avere un peso rilevante. Oggi sarà test determinante: i gruppi dovranno allinearsi su indicazioni ben precise (di partito o di coalizione che siano) o finiranno per disgregarsi in maniera pericolosa. L'ipotesi del conclave a pane e acqua invocato da Letta ieri sembrava essersi andato a infrangere contro il «salterebbe tutto» dello stesso segretario dem davanti al nome della Casellati. Che, per dirla con le parole di Conte, «non è un candidato qualsiasi» (con buona pace di chi crede al monolite di centrosinistra), ma che a sua volta non è unanimemente amata nel centrodestra. In serata, non a caso, si parlava già di altro. Neanche della suggestione Cassese, durata il tempo necessario che Salvini smentisse qualunque incontro con l’86enne giudice emerito della Consulta. E dunque mentre continuavano ad accumularsi più veti che voti, ecco quei tre «soliti» nomi. Con la necessità incontrovertibile di non ingolfare la macchina di governo del Paese, però: non c'è alle viste una valida alternativa a Draghi per il ruolo di premier. Ma Draghi resterebbe premier con qualunque presidente della Repubblica? Certamente con Mattarella, che però rimane irremovibile. E verosimilmente anche con l'equilibratore Casini (ma i mister no dei Cinquestelle si sono già fatti vivi). Tertium non datur o tutto aperto? Vedremo dalle 11 di oggi, quando si alzerà notevolmente il ritmo del gran ballo d’aula. Specie se nella notte si sarà acceso il bagliore di un accordo.