La graticola del centrodestra è dunque accesa. Ma le prime tre bistecche sono destinate fatalmente a bruciarsi. Il centrosinistra riconosce la legittimità della mossa. Ma ci mette appena un paio d'ore per entrare nel merito e bocciarne la commestibilità. Salvo però non azzardarsi a proporre un menu alternativo, rifugiandosi nell'abusata formuletta della scelta condivisa, di alto profilo e altissima digeribilità. Già, ma quale? Adesso non ci si può più trincerare nell'attendismo. Domani il quorum si abbassa e la partita entra nel vivo. Con una ulteriore incognita, che si sta lentamente ma progressivamente concretizzando nel segreto dell'urna: la bassa governabilità dei gruppi parlamentari. Evidenziata dai primi due scrutini, con l'ordine della scheda bianca disatteso in buona parte lunedì e abbondantemente ieri. Cosa che, alla lunga, rischia di sterilizzare perfino gli accordi fra segretari di partito, chiamati anche a gestire l'impossibilità di garantire un futuro ad almeno il 30 per cento degli attuali parlamentari. Non a caso qualche robusta operazione di scouting è già partita, vedi quella che vedrebbe protagonisti alcuni scafati pontieri leghisti a bussare alle porte di molti pentastellati senza un domani. E non è certo un problema solo di Conte, se è vero che l'opzione di accantonare la carta Draghi preoccupa non poco chi, anche negli altri partiti, teme la reazione di un rapido disimpegno da parte dell'attuale premier. Non che per esempio a Salvini o alla Meloni dispiaccia, in verità. Ma sarà dura tenere compatte le brigate, col rompete le righe alle porte. Dunque ci attende anche per oggi una giornata di rimpalli a distanza. Col centrodestra che tiene tatticamente coperta la quarta e più pesante carta, quella sulla quale - se costretto a giocarla - a quel punto porrà un ultimatum. E se il nome di Frattini è anch’esso ormai bruciato, un’ulteriore operazione di scouting allargato potrebbe per esempio far decollare l’opzione Casellati, con il bollo della scelta istituzionale. Il centrosinistra però non può continuare a ributtare la palla nel campo avversario e rinchiudersi a catenaccio. Tracciare profili senza indicare nomi è facilissimo, ma alla lunga non paga. Ora che Conte e Salvini hanno trovato un punto d’incontro nel no a Draghi - non certo definitivo (soprattutto in area leghista), ma comunque sostanziale - si tratta di scegliere: forzare sul premier o muovere le pedine messe a difesa della scacchiera? «Domani chiudiamoci tutti insieme fino alla soluzione», ha detto ieri sera Letta. Niente rosa di nomi, però. E ci sta. Ma uno dovranno pur tirarlo fuori. Altrimenti restano quelle tre bistecche già sulla graticola.