Non si vedeva da anni, ma ora è tornato; è il mostro che rosicchia - con una crescita generalizzata dei prezzi - i salari, gli stipendi e le pensioni; è il mostro che in maniera subdola erode, pezzo dopo pezzo, il potere d’acquisto delle famiglie italiane; è il mostro che accentua anche le disparità sociali, penalizzando i redditi più bassi; è l’inflazione!
Tra le sue tante cause, quella che oggi stiamo già avvertendo è frutto almeno di una buona ragione; la crescita a razzo dell’economia mondiale e in particolare dell’Italia significa, infatti, che servono più materie prime e, come di prassi, se aumenta la domanda aumentano i prezzi; il problema è come attutirne e diluirne l’impatto nel tempo. Ancor prima che dalle statistiche ufficiali, la percezione reale dell’inflazione si può avere osservando i mercati. Vediamoli dunque, nel concreto questi effetti, partendo dall’energia che, prima di altri beni e servizi, ha bruscamente reagito alla ripartenza dell’economia mondiale, dopo il blocco indotto dal Covid.
La richiesta di gas metano, ad esempio, è molto alta perché alti sono i ritmi produttivi. Con il metano si produce, in prevalenza, energia elettrica; appena un mese fa il mercato italiano pagava 120 euro per megavattora; oggi sono stati superati d’un balzo i 200 euro. Neanche il petrolio è sfuggito alla corsa sfrenata dei prezzi, portandosi a 70 dollari il barile. Da qui, l’atteso boom delle bollette di luce, gas e carburanti. Lo stesso fenomeno caratterizza il mercato dell’alluminio. Molti oggetti di uso comune sono realizzati, in tutto o in parte, con l'alluminio: biciclette, automobili, aerei, treni, porte, finestre, oggetti di design e, naturalmente, le immancabili lattine per le bibite. Ne verranno fuori aumenti generalizzati. Un altro materiale del quale i mercati manifestano una «fame» insaziabile è l’acciaio; non potrebbe essere diversamente considerato il vasto utilizzo che ne fanno l’industria delle automobili, degli elettrodomestici, dei mezzi pesanti, degli utensili e delle costruzioni edilizie.
Alla «corsa» non poteva sfuggire l’industria più strategica: quella alimentare, coinvolgendo prodotti fondamentali. Come rileva il Corriere della Sera, quest’anno il prezzo del grano duro è già cresciuto del 60% e si aspetta entro fine anno un picco di 600 euro la tonnellata; per la pasta già s’ipotizza un «ritocco» del 20%. Lo zucchero è cresciuto del 10% circa in ragion d’anno, così come gli olii vegetali, che hanno visto crescere i prezzi del 7% circa nel solo mese d’agosto. Aumenti sensibili riguardano anche la produzione di carta e cartone la cui domanda - specie per il cartone - è trascinata paradossalmente dai grandi protagonisti delle vendite on line, i voraci consumatori di prodotti per l’imballaggio e la spedizione. E’ lievitato persino il prezzo di carta e cartone destinati al riciclo.
Gli aumenti all’ingrosso di molti prodotti si scaricheranno, alla fine, sull’intero ventaglio dei prezzi al dettaglio. È facile prevedere altri aumenti che, partendo da gas ed elettricità, si estenderanno anche alle automobili; queste ultime sono già penalizzate dal boom dei prezzi dei componenti elettronici che ormai sono utilizzati in maniera preminente ed è sempre più difficile reperire. Gli stessi effetti interesseranno le filiere del trasporto di massa (aereo, ferroviario e gommato), senza dimenticare i consumi essenziali come i generi alimentari e i consumi, oramai considerati altrettanto essenziali, come i dispositivi elettronici e la telefonìa mobile.
L’economia reale non sarà il solo bersaglio dell’inflazione; anche il sistema finanziario subirà scossoni. Per la gioia dei risparmiatori, i rendimenti dei titoli pubblici sono destinati a crescere con effetti, però, assai meno piacevoli per i contribuenti che dovranno sostenere con più tasse l’accresciuto costo del gigantesco debito pubblico italiano. Per motivazioni analoghe, i risparmi affidati alle banche renderanno di più, ma i tassi sui mutui riprenderanno la salita dopo almeno quindici anni di stasi. Anche gli affitti sono in risalita, rendendo sempre più «caldo» l’intero mercato di un bene primario, qual è appunto la casa. Secondo le stime preliminari dell’Istat, nel mese di agosto l’indice dei prezzi al consumo ha registrato un aumento del 2,1% su base annua; non accadeva dal 2013. Certo siamo ben lontani dalla crescita dei prezzi a doppia cifra, che i meno giovani hanno conosciuto, ma il «mostro» dell’inflazione resta sempre in agguato.
A differenza del passato, quando i Governi intervenivano ex post per mettere una pezza alle inique storture indotte dall’inflazione, questa volta le intenzioni sono però diverse. A fronte del previsto incremento di luce e gas (tra il 30% e il 40%), il Governo Draghi ha già predisposto il cosiddetto «decreto bollette», una manovra per fronteggiare la stangata e sostenere i redditi più bassi. Certo, in una fase di sviluppo accelerato dell’economia mondiale, non sarà facile imbrigliare l’inflazione, ma se la crescita sarà «regolare e duratura», obiettivo cui punta il Governo, allora, anche l’inflazione sarà ridotta a miti consigli. La chiave di volta sta ancora una volta nei fondi del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza finanziato dall’Europa, da spendere «rapidamente e con onestà» (copyright Draghi).
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia