Venerdì 22 Novembre 2024

Sicilia: gli incendi eterni, la lotta impari e le convenienze che bloccano i piani e le soluzioni

La lettera

Caro Direttore Sembra routine, oramai tutti gli anni in questo periodo, contare i danni derivanti dagli incendi. Ho contribuito per anni alla lotta impari contro incendi e piromani, pilotando elicotteri dedicati. Caro Direttore, c'è qualcosa che non va in questa «giostra»! Il malavitoso appicca le fiamme, gli operai ed i mezzi provano a spegnere e poi si ricomincia. Come il gioco dell'oca. La devastazione di luoghi incantevoli non può rimanere impunita, non deve rimanere impunita. Lei, caro Direttore, saprà pure che il numero di creature che perisce inerme tra le fiamme è enorme. Dunque, flora e fauna alla mercé di un pulviscolo umano, delinquenziale per scelta e non per «patologia». Abbiamo fatto enormi passi in avanti nella lotta alla malavita organizzata, mafia, camorra, 'ndrangheta e monnezza varia, grazie all'impegno di tanti Uomini e Donne dello Stato, coraggiosi e lungimiranti, sfruttando per opportunità e non per scelta culturale, l'enorme indotto di informazioni dei collaboratori di giustizia. Perché non applicare la stessa strategia di guerra verso questi biechi e truci «quaquaraquà» che stanno svilendo un ecosistema già minacciato da altri fattori? Cercare più collaboratori che aiutino a comprendere la logica criminale. Occorre cominciare dalle scuole, dall'informazione, dall'educazione familiare per far comprendere alle nuove generazioni l'entità dello scempio cagionato da questi insulsi esseri. Poi, Caro Direttore, non trova strano che bruciano quasi sempre luoghi «demaniali»? Tanto il «demanio»... chi è? Il demanio poi in qualche misura ed in qualche tempo provvederà a rimpiazzare boschi bruciati ed oasi disintegrate. Ma quelle tante creature spesso arse vive? Nessuno le riporta in vita, né decreti né somme urgentemente stanziate. Allora dico, Caro Direttore, la Magistraura e le Forze dell'ordine si adoperano con i pochi strumenti a disposizione con sforzi notevoli ma occorre dar vita ad una vera campagna bellica, alimentando un'attenta cultura della prevenzione. Per esempio affidando al mondo consociativista del volontariato premiante la gestione di parti del patrimonio boschivo e forestale. Già, premiante poiché lo Stato anziché spendere cifre indicibili nella lotta agli incendi, potrebbe premiare il virtuosismo nella gestione delle aree da parte di Enti, Associazioni, Cooperative che evidenziassero la riuscita di tecniche di prevenzione, cura e salvaguardia dell'ambiente forestale. Quanta nuova tecnologia oramai ci offre possibilità applicative di modelli preventivi antincendio boschivo? Aeromobili a pilotaggio remoto, armati di termocamere o videocamere in grado di riconoscere un volto umano o un numero di targa da centinaia di metri di altezza, una attenta pulizia del sottobosco ma soprattutto un sistema umano di controllo del territorio boschivo, meticoloso, intelligente e ridondante. Caro Direttore, ricorderà che nel recente passato qualche movimento politico cercava con il sistema delle «ronde» di arginare l'immigrazione clandestina e rendere più «sicuri» i nostri lidi? Non entrando nel merito dell'iniziativa politico/culturale, dico che un sistema di coinvolgimento locale può determinare anche un deterrente di discreta efficacia. Responsabilizziamo di più le comunità locali, stornando loro le giuste cifre per l'erogazione dei servizi descritti. Creeremmo cultura, lavoro ed emancipazione. I fondi? Prelevati non dalle tasche dei contribuenti con qualche gioco di prestigio, ma deviati dai flussi destinati alla repressione degli incendi in modo graduale ed articolato. Parliamone tanto e non soltanto in estate quando i riflettori si accendono sulla ribalta dei fetenti. Caro Direttore, mi scusi se ho rubato qualche prezioso minuto del suo tempo, ma lei forse può contribuire a cambiare il sistema, con il giornalismo intelligente e propositivo che la contraddistingue. Molte cordialità Giuseppe Maurici

La risposta del direttore responsabile

Gentile signor Maurici, mi conforta notare che la sua lucida e costruttiva disamina di un fenomeno atavico (dunque non a caso non uso la parola «emergenza») finisce per sovrapporsi al punto da allinearsi pienamente a quello che da sempre raccontiamo nelle nostre cronache e altrettanto da sempre denunciamo nelle nostre analisi. Dal Giornale di Sicilia a Tgs, da Rgs a Gds.it. Potrei perfino allietarmene. Finisco invece per aggiungere amarezza ad amarezza, nel constatare come ancora una volta chi è chiamato a ruoli ben più operativi affronti un tema ordinario, periodico e puntuale con la antilogica straordinaria dell'improvvisazione e dell'approssimazione. L'esatto opposto della logica programmatica e spesso risolutiva della pianificazione. Ad ogni fiammella accesa nei nostri boschi, ad ogni cerino lanciato nelle nostre campagne – il caldo aiuta, ma non provoca, smettiamola una buona volta con la foglia di fico, bruciata anch'essa – si torna a parlare di forestali, stagionali, controlli, denunce, qualche nottata al massimo in gattabuia, mentre le arene politiche si arroventano (è il caso di dirlo), le soluzioni latitano e le connivenze si aggiungono alle responsabilità. Vorremmo fare di ogni incendiario (avrà certamente notato che non li chiamiamo piromani, i loro sono atti criminali, non patologie cliniche) un agnello sacrificale per pulirci la coscienza invocando carcere a vita e chissà che altro e intanto quella stessa coscienza brucia sotto la cenere dell'indifferenza. Lei parla di strategia di guerra e di educazione familiare, del ruolo della scuola e di quello dell'informazione, di cultura della prevenzione e di moderne tecnologie d'intervento, di coinvolgimento delle comunità locali e di meccanismi premiali per il mondo consociativo del volontariato. Un approccio costruttivo, propositivo, positivo. Come darle torto? Ma se ai primi roghi sentiamo un assessore al ramo (bruciato) parlare di «eventi imprevedibili», se nel bel mezzo di fiamme assassine ci si riunisce per decidere l'ovvio di un'azione coordinata fra forze in campo, se si scopre che – davanti al grigio fumante dei nostri polmoni (ex) verdi - mancano i mezzi, che il personale è vecchio e inadeguato e che i droni sono posteggiati davanti al Tar, allora abbiamo ben poco da urlare al mondo lo scandalo di un fenomeno – resistiamo ulteriormente alla tentazione di chiamarlo emergenza – che esiste perché «conviene» in quanto tale. Perché legittima e certifica ruoli e poteri, interessi e discrezionalità. In quel caso sì, io e lei – nostro malgrado - avremo rubato insieme minuti preziosi ai lettori. Perché si può anche contribuire a cambiare il sistema, denunciando e proponendo. Ma il Sistema, questo Sistema, vuole davvero cambiare? E non possiamo neanche dire che piove sul bagnato. Magari fosse così... Marco Romano  

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