Il rischio che si corre è quello ben rappresentato dall’abusata ma efficace metafora del buttar via il bambino assieme all’acqua sporca. E, se pensiamo alla disfida tutta politica sul caso Sea Watch e all’operazione contro l’immigrazione clandestina fatta ieri dai Ros, è fin troppo facile capire dove stia il bambino (nel caso specifico più di uno) e chi rappresenti l’acqua sporca. Molto sporca. Talmente sporca da foraggiare e alimentare ulteriormente la corrente d’opinione – che oggi appare prevalente in questo Paese, inutile girarci attorno – favorevole alla linea dell’intransigenza e dei respingimenti lungo le rotte mediterranee. Che sono della disperazione per chi sbandiera più o meno frettolosamente il vessillo umanitario della solidarietà e dell’accoglienza. E che sono invece della speculazione e del pericolo per la sicurezza, a parere di chi si aggrappa più o meno superficialmente a ideali più smaccatamente sovranisti-nazionalisti. La verità, come sempre, non può identificarsi sic et simpliciter con gli estremismi dell’una o l’altra frangia. Perché di estremismi stiamo parlando. Negare che esista una reale emergenza e una altrettanto concreta urgenza assistenziale è pericoloso tanto quanto lo è non considerare che nelle oggi troppo larghe maglie dell’umana solidarietà si insinuano facilmente truffatori, speculatori, criminali, terroristi. Ecco perché è ancora una volta alla politica che si chiedono responsabilità e saggezza. La prima per affrontare come si deve i problemi e magari provare a risolverli; la seconda per evitare di fomentare ulteriormente focolai di demagogica intransigenza, capace di scavare trincee fra buoni e cattivi, tolleranti e intolleranti, razzisti e antirazzisti senza curarsi di chi, attardandosi su distinguo e ragionamenti, viene travolto dalla ruspa della pseudo-ideologia spicciola «o con me o contro di me». Questo atteggiamento andrebbe lasciato al naufragio – esso sì, senza scrupoli – del pensiero social, in quella giungla radicalista delle piattaforme internettiane in cui tutto è consentito, dall’offesa all’improperio, dalla marchiatura alla ghettizzazione, dai proclami al reclutamento. Eppure proprio dalla politica arrivano segnali ed esternazioni tutt’altro che incoraggianti. Lo dicevamo nei giorni scorsi, torniamo a sottolinearlo: la tutela dei diritti come il rispetto delle leggi, devono rappresentare sacrosante certezze, non piccati pretesti. E invece siamo davanti a un’Europa pavida e indolente (o è studiata strategia?), a un governo nazionale quotidianamente sbrindellato da posizioni apparentemente inconciliabili (o è speculare gioco delle parti?), a sindaci che professano disobbedienza e invocano la Corte costituzionale (o è manovra diversiva?) . Nel frattempo, 49 poveri disgraziati hanno atteso un’infinità di tempo una mano amica e caritatevole, mentre «un esercito di kamikaze» (per dirla con le parole del tunisino pentito, o presunto tale, dell’operazione di ieri), potrebbe seguire le stesse rotte Africa-Italia/Europa, magari senza il pericolo di naufragare a bordo di vecchie carrette del mare . E nelle nostre città migranti onesti, desiderosi solo di un’occasione di riscatto, finiscono per essere ombre metropolitane, esattamente come vogliono esserlo clandestini criminali al soldo della malavita per un più facile guadagno. Nessuno dovrebbe voler vedere annegare un bambino sbalzato fuori da un barcone alla deriva o vedere morire di stenti una madre su una nave Ong in rada davanti agli indifferenti porti europei. L’opposto è la barbarie morale. Nessuno dovrebbe allo stesso tempo tollerare la mancata tutela e garanzia dei confini nazionali in nome di un malinteso senso dell’accoglienza senza filtri e controlli. L’opposto è la deriva criminale-terroristica. Nessuno dovrebbe buttar via il bambino con l’acqua sporca, in nome di strategie di bottega, interessi parziali, indifferenze strumentali e perenni campagne elettorali. L’opposto è la drammatica attualità politica che stiamo vivendo.