Non siamo romantici. E non siamo nostalgici. Conosciamo bene la profonda crisi di popolarità e di vendite che attraversa l’informazione cartacea tradizionale. Aggredita dall’indiscriminato e incontrollato proliferare di nuovi e-media o sedicenti tali. Eppure siamo qui. A scommettere più che mai sul futuro di una storia, la nostra, lunga 157 anni.
Convinti di essere crociati fra tanti di una missione che, paradossalmente, oggi è ancora più nobile e importante di un tempo. E ci teniamo a dirvi perchè. Già a partire da oggi, dal giornale che avete acquistato e state sfogliando. Qualche giorno fa, in un incontro con alcuni leader islamici, Papa Francesco sottolineava che «il lavoro più importante che noi dobbiamo fare oggi è ascoltarci. Senza fretta di dare la risposta».
Ne parlava a proposito della necessità di un dialogo interreligioso e interculturale la cui assenza sta oggi pericolosamente macchiando del sangue di molti innocenti, bambini compresi, il precario equilibrio planetario su cui si fonda la pace fra i popoli.
Molto più laicamente, quelle parole possono però essere mutuate al punto da farsi dogma per il ruolo che oggi svolge, continua a svolgere e deve continuare a svolgere, l'Informazione. La capacità cioè di «ascoltare» e dare risposte. Senza fretta e senza la necessità di urlare. Rendendo dunque quelle risposte ancora più efficaci e credibili. In un punto di equilibrio che per questo giornale - con le sue strette e dirette diramazioni tecnologiche e informatiche, dalla televisione alla radio fino al sito – rappresenta la fondamentale essenza. E sopravvivenza.
L'urlo, lo schiamazzo, i toni esacerbati, l'approssimazione, la fretta che passano attraverso altri sedicenti canali di comunicazione di massa garantiscono, appunto, Comunicazione. Che non impone necessariamente qualità e attendibilità. Caratteristiche invece imprescindibili per chi vuole fare Informazione.
La mission del Giornale di Sicilia rimane immutata da oltre un secolo e mezzo: informare senza urlare, raccontare senza influenzare, approfondire e denunciare senza sentenziare. E continueremo a farlo, mutando progressivamente quanto più possibile - questo sì - modi, metodi e forme. Col rigore della professionalità e il mantello dell’etica. Con cui intendiamo garantire verità e pretendere efficienza, sollecitare risposte e denunciare incapacità, smascherare indolenze e additare malaffare.
Tanto più in una Sicilia che vive - regione fra le regioni - un difficile momento congiunturale, economico e sociale, etico e gestionale. Con importanti scadenze elettorali alle porte, con una inarrestabile crisi di consensi per una classe politica incapace di risorgere dalle sue stesse mediocrità, con un livello economico che resta fra i più carenti d’Italia, con un potere criminale-mafioso ancora forte e ancor più subdolo, in quanto votato alla ricerca delle connivenze istituzionali più ancora che alla ferocia delle armi.
Un patchwork di problemi, disagi ed emergenze che ci deve vedere più che mai pronti ad affrontare l'ennesima sfida dettata dal rincorrersi inesorabile dei tempi: offrire al lettore la possibilità di capire, più ancora che conoscere. In un ulteriore salto dalla mera cronaca alla vera analisi che deve rappresentare il ponte levatoio dell’informazione calato sul baratro della comunicazione usa e getta.
Tenendo sempre al centro di tutto il rispetto per il lettore, nostra unica discriminante in un rapporto di potere in cui il potere stesso per noi non è parte, ma controparte. E lo sarà ancora di più da domani. Senza sconti per nessuno, senza filtri, senza remore e senza compromessi. Lo dobbiamo al senso nobile di un’informazione libera, nella quale crediamo più che mai.
Figli di tanti padri, ma servi di un unico padrone: la ricerca della verità. Intendiamo informare, non comunicare. E, ribadiamo, oggi la distanza fra le due cose è siderale (basti pensare all’affannosa corsa al riparo di Facebook prima e Google dopo contro il dilagare indiscriminato delle «fake news»). Una distanza ben più ampia di quella che vi separa dall’edicola più vicina. Sia essa tradizionale o digitale. Voi colmate quest’ultima.
Noi proveremo a mantenere quell’altra. Sotto il segno della libertà: che è dovere (scriveva Oriana Fallaci), è partecipazione (cantava Giorgio Gaber), è responsabilità (sottolineava George Bernard Shaw), è indipendenza (teorizzava Voltaire).
Ma è anche e soprattutto garanzia. Quella - di qualità e affidabilità - che noi intendiamo offrire a chi deciderà di continuare a sfogliarci. Tornare a sfogliarci. Cominciare a sfogliarci. E solo così, solo dopo, giudicarci. Nel frattempo, buona lettura.
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